Abbassare la pressione arteriosa nei pazienti ipertesi può ridurre del 15% il rischio di sviluppare demenza. È quanto emerge dal maxi studio CRHC-3 condotto in Cina su quasi 34.000 persone, pubblicato su Nature Medicine. Un risultato che rafforza l’idea di un legame diretto tra ipertensione e declino cognitivo e apre nuove prospettive di prevenzione, anche su scala globale.
Alla fine dello studio
• La pressione arteriosa media è scesa di 22/9,3 mmHg nel gruppo di intervento.
• Il rischio di demenza si è ridotto del 15% (668 casi contro 734 nel gruppo di controllo).
• Anche il declino cognitivo non demenziale è stato inferiore nel gruppo di trattamento (-16%).
Non sono emerse differenze significative tra i gruppi per quanto riguarda cadute, sincopi o eventi avversi gravi, mentre morti e ospedalizzazioni sono state leggermente inferiori nel gruppo trattato.
Anche esperti indipendenti come Mark Caulfield, docente di medicina cardiovascolare a Londra, hanno definito i risultati «una svolta significativa» e «potenzialmente trasformativa per le linee guida globali sulla pressione arteriosa».
«Quando due grandi trial in contesti molto diversi giungono a conclusioni simili, si tratta di un segnale forte e affidabile», ha commentato Atticus Hainsworth, esperto di neurobiologia del St. George’s di Londra.
La possibilità di intervenire sull’ipertensione, un fattore di rischio modificabile e molto diffuso, cambia lo scenario della prevenzione primaria. «Questi risultati suggeriscono che ogni medico di medicina generale o specialista che gestisce pazienti ipertesi sta anche facendo prevenzione delle demenze», osservano gli autori.
In sintesi, trattare l’ipertensione in modo proattivo non protegge solo cuore e reni: protegge anche la mente. E questa evidenza potrebbe – o dovrebbe – cambiare le politiche sanitarie del futuro.