La diagnosi del tumore alla prostata potrebbe diventare molto più semplice, veloce e precisa grazie a un test non invasivo basato su un semplice test delle urine. Lo suggerisce uno studio pubblicato su Cancer Research che ha dimostrato che un set specifico di biomarcatori è in grado di rilevare con maggiore precisione, rispetto al test del PSA, sia la presenza che la gravità del tumore.
Un gruppo di ricercatori, utilizzando l’intelligenza artificiale, ha infatti individuato una serie di “segnali biologici” che si possono rilevare nell’urina e che indicano la presenza del tumore anche nelle fasi iniziali. I ricercatori hanno creato modelli digitali del carcinoma prostatico analizzando l’attività dell’mRNA in migliaia di cellule tumorali classificate per grado e localizzazione. Hanno utilizzato l’intelligenza artificiale per esaminare questi modelli e identificare le proteine che potessero fungere da potenziali biomarcatori.
Questi biomarcatori sono poi stati testati su campioni di sangue, tessuto prostatico e urina di quasi 2.000 pazienti.
Attualmente il test più usato è quello del PSA, un esame del sangue che però può dare risultati poco chiari, perché livelli alti di PSA non sempre significano cancro. Questo nuovo esame, invece, ha mostrato una precisione maggiore, riuscendo a distinguere anche i tumori più gravi da quelli meno aggressivi. I risultati aprono la strada a nuove prospettive nella diagnosi del tumore alla prostata, potenzialmente riducendo il ricorso a biopsie non necessarie.
Sono ora in programma studi clinici su larga scala per validare ulteriormente i risultati. Inoltre, sono in corso discussioni per includere i nuovi biomarcatori in uno studio nazionale britannico sul cancro alla prostata, per accelerarne i test e l’applicazione.
“I biomarcatori urinari hanno dimostrato una capacità diagnostica superiore rispetto al PSA, pur mantenendo i vantaggi di un test non invasivo, indolore ed economico,” ha dichiarato il primo autore Martin Smelik che ha aggiunto “Questa scoperta potrebbe cambiare non solo il modo in cui il cancro alla prostata viene diagnosticato, ma anche il sistema di screening, che ha urgente bisogno di miglioramenti. E tutto questo semplicemente tramite un test delle urine. I risultati dello studio hanno mostrato che specifici biomarcatori, dinamici e più sensibili del PSA dimostrano una precisione diagnostica eccezionale, in grado di distinguere non solo tra stato canceroso e non, ma anche di indicare la gravità della malattia”.
Oncologi e urologi, tra cui Milan Sheth e Ramkishen Narayanan, non coinvolti nello studio, sottolineano il valore clinico di un approccio basato su “fluidi locali” come l’urina, strettamente associata alla prostata. Entrambi evidenziano anche il potenziale di questi nuovi biomarcatori non solo nella diagnosi ma anche nel monitoraggio della progressione tumorale. La necessità di superare i limiti del PSA, in uso da oltre 50 anni, rende questi risultati particolarmente rilevanti per la pratica clinica futura.