La terapia genica, che prevede l'introduzione di geni sani nell'organismo per curare le malattie, si sta dimostrando molto promettente per il trattamento di un'ampia gamma di disturbi del cervello e del sistema nervoso. Tuttavia, recenti studi clinici hanno riscontrato diversi problemi in questi percorsi terapeutici. Alcuni trattamenti non funzionano come sperato oppure causano talvolta effetti collaterali anche gravi le cui cause non sono ancora completamente comprese dalla ricerca.
In un nuovo studio pubblicato su Nature Communications, il team della Professoressa Kajaste-Rudnitski, insieme al gruppo della Dott.ssa Angela Gritti presso l'Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) dell'Ospedale San Raffaele di Milano, e ai ricercatori di Spark Therapeutics negli Stati Uniti, ha scoperto che i virus comunemente utilizzati nella terapia genica (chiamati vettori virali adeno-associati o AAV) possono innescare reazioni immunitarie dannose nelle cellule cerebrali umane coltivate a partire da cellule staminali, così come nei topi.
Il team di ricerca si è concentrato su come il sistema immunitario innato dell'organismo – la sua prima linea di difesa – interagisca con gli strumenti di terapia genica, in particolare nel sangue, nel cervello e nelle malattie autoimmuni. Tra questi, patologie note come il morbo di Parkinson e l'Alzheimer, nonché malattie più rare come la SLA, l'atrofia muscolare spinale, l'adrenoleucodistrofia legata all'X e la malattia di Huntington. Per somministrare queste terapie, gli scienziati utilizzano virus modificati o altri strumenti per trasportare il materiale genetico nell'organismo, attraverso il flusso sanguigno o direttamente in aree specifiche. Tuttavia il sistema immunitario può riconoscere questi virus e non far funzionare la terapia oppure causare più effetti collaterali rispetto ai benefici previsti.
In particolare, i ricercatori hanno capito come funziona questa reazione immunitaria e identificato farmaci in grado di ridurre questa risposta dannosa e proteggere le cellule cerebrali nei modelli di laboratorio.
La professoressa Anna Kajaste-Rudnitski del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell'Università di Pavia unitamente alla sua squadra di ricercatori ha aperto la strada allo studio di come le difese naturali dell'organismo, soprattutto nelle singole cellule, potrebbero interferire con la terapia genica. Il gruppo di ricerca in passato aveva già scoperto che le cellule possono rilevare gli strumenti virali utilizzati per la somministrazione dei geni e rispondere bloccando il trattamento o causando effetti dannosi.
Questi studi, focalizzati principalmente sul sangue e sul sistema immunitario, hanno contribuito a sviluppare nuovi modi per aggirare queste difese e rendere le terapie geniche più sicure ed efficaci. Tuttavia, fino ad ora non era chiaro come queste risposte immunitarie funzionino nel cervello.
“Questa scoperta colma un'importante lacuna nella nostra comprensione e potrebbe portare a terapie geniche più sicure per le malattie cerebrali. Nel complesso, la ricerca apre le porte a trattamenti più efficaci e sicuri migliorando potenzialmente la vita di molte persone affette da disturbi neurologici” ha affermato Kajaste-Rudnitski.