Farmaci
Setmelanotide
23/04/2025

Setmelanotide, un nuovo approccio per l'obesità monogenica e ipotalamica

Nella fisiopatologia dell’obesità, in seguito all’assunzione di cibo si verifica un aumento dei livelli di leptina prodotta dagli adipociti, che stimola la produzione di pro-opio-melanocortina nel nucleo arcuato dell’ipotalamo

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Nella fisiopatologia dell’obesità, in seguito all’assunzione di cibo si verifica un aumento dei livelli di leptina prodotta dagli adipociti, che stimola la produzione di pro-opio-melanocortina (POMC) nel nucleo arcuato dell’ipotalamo. «POMC», afferma Maria Carpentieri insieme agli esperti della Commissione Obesità AME (Associazione Medici Endocrinologi), coordinata da Marco Chianelli, «viene successivamente elaborata dalla proprotein convertase subtilisin/kexin tipo 1 (PCSK1) in peptidi melanocortinici, come α-MSH e β-MSH, che, a loro volta, possono legare e di conseguenza inattivare MC4-R nel nucleo paraventricolare, inducendo a cascata aumento della spesa energetica e riduzione dell’introduzione di cibo (Masi M, et al. L’Endocrinologo 2022)».

«L'obesità è una condizione eterogenea, che deriva dalla complessa interazione tra fattori genetici e ambientali. Le forme comuni di obesità hanno base poligenica, mentre sono più rare le forme monogeniche, che derivano da singole mutazioni», aggiungono gli specialisti.

«La setmelanotide», specificano gli esperti «è un agonista sintetico del recettore umano della melanocortina-4 (MC4-R) e sembra un promettente trattamento per le forme di obesità genetica e ipotalamica (Tena-Sempere M. Lancet Diabetes Endocrinol 2024)».

«L’obesità monogenica è causata da mutazioni che colpiscono i bersagli ipotalamici dell’asse leptina-melanocortina. In età infantile i pazienti presentano quadri di importante iperfagia, che non possono essere gestiti con interventi convenzionali sullo stile di vita e sull’alimentazione», ricordano Carpentieri e colleghi. «La setmelanotide, in questo contesto, è attualmente rimborsata da AIFA per il trattamento dell'obesità e il controllo della fame associati a deficit di POMC, compreso PCSK1, con perdita di funzione bi-allelica geneticamente confermata, o a deficit bi-allelico del recettore della leptina (LEP-R) negli adulti e nei bambini di età ≥ 6 anni, ai sensi della Legge n. 648/1996», proseguono gli esperti.

«È stata poi approvata la rimborsabilità anche per il trattamento della s. di Bardet-Biedl (dovuta a mutazioni di una varietà di geni BBS e caratterizzata da obesità tronculare, retinite pigmentosa, polidattilia, ipogonadismo, IRC, ritardo mentale), grazie ai dati dello studio di fase III, NCT03746522 (Haqq AM, et al. Lancet Diabetes Endocrinol 2022) nel quale si valutava l’efficacia del farmaco nelle forme sindromiche di obesità monogenica correlate alla disfunzione delle ciglia, che presentano alterazioni nella via di segnale MC4-R», riferiscono gli esperti. «Nello studio si è osservata una sostanziale riduzione del peso corporeo (> 10% in oltre il 32% dei pazienti) nei trattati con setmelanotide alla dose di 3 mg/die», proseguono Carpentieri e colleghi. «Nello studio erano stati arruolati anche pazienti affetti da sindrome di Alström, ma purtroppo i risultati non sono stati conclusivi e di conseguenza non è stata posta indicazione all’utilizzo della setmelanotide in tale ambito».

«L’obesità ipotalamica è una condizione difficilmente trattabile, acquisita come conseguenza di craniofaringiomi (o altri tumori cerebrali che colpiscono l'ipotalamo) e del loro trattamento chirurgico o radioterapico», affermano Carpentieri e colleghi. «Sebbene in questi pazienti il tipo di danno sulle strutture ipotalamiche possa variare, con compromissione di diverse aree dell’asse che regola il meccanismo di fame/sazietà, sembra comunque che la melanocortina svolga un ruolo importante nel controllo del loro peso corporeo», continuano gli esperti. «Nel settembre 2024 AIFA ha approvato la rimborsabilità della setmelanotide, inserita nel fondo dei farmaci innovativi per il trattamento dell’obesità ipotalamica acquisita nei pazienti con craniofaringioma (CP) di età tra i 6 e i 24 anni: 1) già obesi alla diagnosi, con obesità persistente dopo 6-12 mesi dalla diagnosi di CP e almeno una co-morbilità; 2) con obesità di classe III, definita come il 140% del 95° percentile, dopo 6-12 mesi dalla chirurgia/diagnosi di CP», proseguono Carpentieri e colleghi. «Nel primo studio clinico multicentrico di fase II, in aperto (Roth CL, et al. Lancet Diabetes Endocrinol 2024), che ha esaminato gli effetti del trattamento con setmelanotide 3 mg/die per 16 settimane, 16/18 pazienti con obesità ipotalamica, di età compresa tra 6 e 40 anni, hanno presentato una riduzione del BMI di almeno il 5%, con diminuzione media del 15% e con solo lievi eventi avversi; vi è stata inoltre una riduzione media del 45% del punteggio di fame», riportano gli esperti.

«È in corso uno studio di fase 3, randomizzato in doppio cieco (NCT05774756) che potrebbe portare a consolidamento di tali dati», proseguono gli specialisti. «Rispetto alla possibilità di utilizzo dei GLP-1 RA, al momento sono disponibili i dati dello studio CRANIOEXE (controllato) del 2024, in cui è stata arruolata una coorte di 42 pazienti con CP randomizzati a placebo o exenatide (5 µg x 2/die per 22 settimane e 10 µg x 2/die per le successive 22 settimane) in aggiunta a un intervento intensivo sullo stile di vita (Gatta-Cherifi B, et al. Eur J Endocrinol 2024). Non è stata dimostrata superiorità di exenatide sul placebo. Analoghi più potenti, già approvati nel trattamento di altre forme di obesità, potrebbero rivelarsi più efficaci, ma sono necessari studi ad hoc», concludono Carpentieri e colleghi.

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