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21/01/2025

Alzheimer, scoperto un nuovo gene alla base della malattia. Lo studio italiano

Il risultato nasce dalla collaborazione di diversi gruppi di ricerca italiani, impegnati nello studio delle cause genetiche della malattia, coordinato dall'ospedale Molinette di Torino

neuroni

Scoperto un nuovo gene, il Grin2c, coinvolto nella malattia di Alzheimer. La ricerca, appena pubblicata sulla rivista Alzheimer's Research & Therap è frutto della collaborazione di diversi gruppi di scienziati italiani, impegnati da anni nello studio delle cause genetiche della malattia, coordinato dall'ospedale Molinette della Città della Salute di Torino.

Il gruppo scientifico, coordinato dalla dottoressa Elisa Rubino, ricercatrice presso il Centro per la Malattia di Alzheimer delle Molinette, ha studiato per diversi anni una famiglia italiana con malattia di Alzheimer ad esordio senile, scoprendo che era causata da mutazioni nel gene Grin2C, gene che codifica per una subunità del recettore Nmda del glutammato.
Questo grazie all'utilizzo di avanzate tecniche di genetica molecolare. Inoltre, è stato possibile dimostrare gli effetti che questa mutazione provoca in modelli cellulari incrementando l'eccitabilità neuronale ed alterando il legame di questa proteina con altre proteine neuronali.

"Ad oggi erano note rare mutazioni nei geni Psen1, Psen2 e App, quali causa di malattia di Alzheimer, principalmente in età presenile", commenta Rainero, che aveva contribuito già nel 1995 all'identificazione di Psen1. "Ci aspettiamo che Grin2C sia una causa molto rara di malattia di Alzheimer", spiega Rubino, sottolineando che "tuttavia, l'aspetto più significativo della ricerca è la conferma del ruolo che i meccanismi di eccitotossicità correlata al glutammato possono avere nello sviluppo della malattia. Quando il glutammato interagisce con il recettore Nmda sui neuroni, si apre un canale che promuove l'ingresso di ioni calcio. Se questa stimolazione è eccessiva, si provoca un'intensa eccitazione del neurone che porta alla morte cellulare". Dal punto di vista clinico, è particolarmente interessante rilevare come, prima dello sviluppo del deficit cognitivo, i pazienti portatori della mutazione abbiano sviluppato per anni un disturbo dell'umore di tipo depressivo, dicono i ricercatori. Il nuovo studio, rilevano, "necessiterà lo sviluppo di nuovi farmaci in grado di ridurre l'eccitotossicità cerebrale da glutammato per rallentare la progressione di questa drammatica malattia".

 La ricerca si è avvalsa della collaborazione con Elisa Giorgio del Dipartimento di Medicina Molecolare dell'Università di Pavia, con Alfredo Brusco del Dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Torino e con Fabrizio Gardoni del Dipartimento di Farmacologia e Scienze Biomolecolari dell'Università di Milano.

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