Visti i buoni risultati dell’utilizzo dei modulatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERM) e degli inibitori dell’aromatasi (AI) per le patologie funzionali della fertilità femminile (per es. sindrome dell’ovaio policistico) e per le condizioni tumorali estrogeno-dipendenti (per es. cancro mammario), «da diversi anni è stato proposto anche nei maschi l’impiego di questi farmaci per il trattamento di patologie funzionali dell’asse riproduttivo (cioè senza cause organiche specifiche), come l’infertilità idiopatica, l’ipogonadismo funzionale e la ginecomastia vera idiopatica» afferma Vito Angelo Giagulli, Commissione AME Andrologia. «Nonostante, a tutt’oggi, sia FDA che EMA non abbiano approvato le due classi di farmaci per l’ipogonadismo maschile, il loro utilizzo viene preso in considerazione off label nella pratica clinica» (Giagulli VA, et al. Int J Endocrinol 2020).
«Tra i SERM, i farmaci maggiormente utilizzati sono il clomifene citrato e il tamoxifene, che esercitano l’azione maggiore a livello ipotalamo-ipofisario», prosegue lo specialista, «incrementano la secrezione di LH, di FSH e, conseguentemente, di testosterone e di estrogeni (up-regolazione dell’asse riproduttivo), senza stimolare la secrezione di ormoni glico-attivi o mineral-attivi da parte del surrene. Tale effetto si verifica dalla pubertà in poi e viene conservato nell’invecchiamento» (Pelusi C, et al. PLoS One 2017; Pelusi C, et al. Horm Metab Res 2021). «Gli AI sono classificati come steroidei (di cui testolattone è il più noto) o non steroidei, come anastrazolo e letrozolo», continua l'esperto. «Originariamente sono stati utilizzati nella donna per il cancro della mammella. Grazie all’effetto inibitorio sull’aromatasi, riducono i livelli circolanti di estrogeni, e questo li differenzia dai SERM» (Giagulli VA, et al. Int J Endocrinol 2020). «La loro azione si esplica specialmente a livello dell’asse riproduttivo», aggiunge lo specialista, «causando nel maschio con asse riproduttivo maturo e funzionante un incremento di LH, FSH e testosterone, indipendentemente dall’età» (T'Sjoen GG, et al. J Clin Endocrinol Metab 2005).
«Le Linee guida delle società scientifiche internazionali (Endocrine Society e American Urology Academy) non raccomandano le due classi di farmaci per l’ipogonadismo funzionale», osserva Giagulli, «perché gli studi randomizzati non ne hanno definitivamente provato né l’efficacia né la sicurezza» (Bhasin S, et al. J Clin Endocrinol Metab 2018; Mulhall JP, et al. J Urol 2018). «Per quanto riguarda l’infertilità idiopatica, la società europea di andrologia (EAA) e quella di urologia non raccomandano il trattamento con SERM o AI per la scarsità di evidenze prodotte sinora», commenta l'endocrinologo (Colpi G, et al. Andrology 2018; Minhas S, et al. Eur Urol 2021). «Invece, la Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità (SIAMS) suggerisce il possibile impiego soprattutto dei SERM in casi selezionati di pazienti con infertilità idiopatica», prosegue lo specialista (Ferlin A, et al. J Endocrinol Invest 2022). «Infine, la EAA non raccomanda l’uso di SERM e AI per il trattamento medico della ginecomastia vera idiopatica» (Kanakis GA, et al. Andrology 2019).
«Alcune recenti metanalisi hanno lasciato intravedere il possibile impiego clinico degli AI e soprattutto dei SERM nei maschi, grazie ad effetti positivi sulla spermatogenesi nell’ipogonadismo funzionale (De Silva NL, et al. Andrology 2023; Huijbem M, et al. Andrology 2022) o in soggetti con infertilità idiopatica (Chua ME, et al. Andrology 2013; Huijben M, et al. Andrology 2023)».
«Tuttavia, la letteratura è povera di studi per quanto riguarda gli effetti metabolici dei SERM e degli AI nei pazienti con ipogonadismo funzionale e condizioni dismetaboliche (obesità, pre-diabete o diabete conclamato)», osserva Giagulli. «Analogamente, non vi sono evidenze definitive sulla sessualità di pazienti dismetabolici che spesso presentano disfunzione erettile (Pelusi C, et al. PLoS One 2017). In ogni caso, la prudenza è doverosa, visto che sinora sono stati prodotti prevalentemente studi non controllati, di breve durata (2-12 mesi), su piccoli gruppi di pazienti non omogenei».
«Nel caso di soggetti con ipogonadismo funzionale, le dosi di clomifene citrato che hanno determinato un’efficace risposta dell’asse riproduttivo sono comprese tra 25 e 50 mg a dì alterni», riporta l'esperto (Pelusi C, et al. PLoS One 2017; Pelusi C, et al. Horm Metab Res 2021; Huijbem M, et al. Andrology 2022), «mentre più incerti sono i dati sulla spermatogenesi dei maschi con ipogonadismo funzionale e obesità (BMI > 30)» (Kanakis GA, et al. Andrology 2019; Pelusi C, et al. Clin Endocrinol (Oxf) 2020). «La gran parte degli studi riportano l’impiego di enclomifene (isomero trans e più attivo del clomifene) alle dosi di 12.5-25 mg/die. Per quanto riguarda i soggetti con oligo-astenospermia idiopatica, il trattamento con clomifene citrato 25-50 mg/die per almeno 3 mesi ha determinato un incremento del numero e, di minor entità, della motilità degli spermatozoi (meglio del tamoxifene 20 mg/die)», prosegue Giagulli (Chua ME, et al. Andrology 2013; Huijben M, et al. Andrology 2023). «Le metanalisi che riguardano l’infertilità idiopatica, in ogni caso, includono un discreto numero di trial randomizzati controllati, il che avvalora il peso dell’evidenza clinica (Chua ME, et al. Andrology 2013; Huijben M, et al. Andrology 2023). Per quanto riguarda la ginecomastia vera idiopatica, gli AI steroidei (testolattone 450 mg/die per 3-6 mesi) e non steroidei (anastrazolo 1 mg/die per 6 mesi e letrozolo 5 mg/die per 3 mesi) non hanno ridotto la ginecomastia puberale, come neppure il clomifene citrato (100 mg/die). Al contrario, il tamoxifene (10-20 mg/die) è stato in grado di migliorare in maniera importante i sintomi e la ginecomastia nei giovani e di prevenirla negli anziani in trattamento con antiandrogeni per cancro alla prostata», prosegue lo specialista (Shore ND, et al. JAMA Oncol 2022). «Gli effetti indesiderati sono poco frequenti e di lieve entità per i SERM (vertigini e cefalea), mentre sono più importanti per gli AI (vampate, aumento del peso corporeo e, negli studi di lunga durata, riduzione della densità minerale ossea sino all’osteoporosi)», osserva Giagulli.
«Alla luce delle evidenze prodotte e in accordo alle LG delle società scientifiche, l’impiego di queste due classi di farmaci per ipogonadismo funzionale, infertilità idiopatica e ginecomastia vera idiopatica va considerato empirico e limitato a casi ben selezionati», conclude Giagulli. «Inoltre, la prescrizione necessita del consenso informato da parte del paziente, in quanto off label», aggiunge l’esperto.