Oltre 134 mila donne tra 15 e 50 anni sono state ricoverate almeno una volta per endometriosi negli ospedali italiani tra il 2011 e il 2020. Durante lo stesso decennio l'incidenza della malattia è stata pari a 0,839 per 1000, mostrando una tendenza alla diminuzione statisticamente significativa nel corso dello stesso periodo. Sono i dati sull’endometriosi - una malattia cronica invalidante, con un impatto notevole sulla qualità di vita delle donne che ne sono affette, in termini fisici, psicologici e sociali, portando in alcuni casi anche a subfertilità o infertilità - che sono stati presentati nel corso del workshop “Valutazione di incidenza e prevalenza di endometriosi nella popolazione italiana e indagine su possibili ipotesi patogenetiche” il 2 dicembre all’ISS.
I dato sono stati ottenuti implementando un modello di Registro epidemiologico nazionale sviluppato a partire dal lavoro svolto dall’IRCCS Burlo Garofolo per il registro epidemiologico del Friuli Venezia Giulia. Il modello è basato su un algoritmo di individuazione dei casi, applicato dal Servizio di Statistica dell’ISS a partire dalle schede di dimissione ospedaliera fornite dal Ministero della Salute, costruito su una definizione stringente che si attiene alle linee guida internazionali, e che ha reso possibile stimare incidenza e prevalenza della malattia, descriverne le tendenze temporali e la distribuzione spaziale regionale e comunale.
I risultati ottenuti sono probabilmente una sottostima visto che si è osservata la forma più grave di malattia, che richiede un’ospedalizzazione. Infatti, l’endometriosi a causa della aspecificità dei sintomi risulta ancora difficile da identificare: prima di arrivare ad una corretta diagnosi passano in media dai 7 ai 10 anni dalla comparsa dei primi segnali.
L’eziologia dell’endometriosi non è stata ancora definitivamente chiarita. Oltre a fattori già individuati, ci sono ipotesi di una possibile associazione tra l’insorgenza della malattia e l’esposizione a inquinanti ambientali. Tra questi, la letteratura scientifica sembra indicare un possibile contributo di alcune sostanze che si trovano in aree contaminate quali le diossine, i policlorobifenili (PCB) e metalli come cadmio e piombo. Al momento, in collaborazione con il Dipartimento di Ambiente e salute dell’ISS, sono in corso analisi esplorative con l'obiettivo di individuare aree ad alta incidenza di endometriosi nelle quali effettuare studi eziologici di epidemiologia ambientale.
Nel Piano Nazionale della Cronicità 2024 tra le linee di intervento proposte vi è la creazione di registri su base regionale per il monitoraggio dell'epidemiologia dell'endometriosi, con l'obiettivo di migliorare la diagnosi precoce e il trattamento.