Tirzepatide, primo e unico farmaco doppio agonista dei recettori GIP (polipeptide insulinotropico glucosio-dipendente) e GLP-1 (peptide 1 simile al glucagone), ha dimostrato di essere in grado non solo di ridurre il peso corporeo ma anche di prevenire il diabete di tipo 2.
Lo dimostrano i risultati dello studio a 3 anni del SURMOUNT-1, lo studio più lungo su tirzepatide pubblicati su The New England Journal of Medicine e presentati di recente in occasione della ObesityWeek 2024.
SURMOUNT-1 ha confrontato l’efficacia e la sicurezza di tirzepatide 5 mg, 10 mg e 15 mg rispetto al placebo in aggiunta a una dieta con restrizione calorica e a una maggiore attività fisica in adulti senza diabete tipo 2 con obesità o sovrappeso e almeno una delle seguenti comorbidità: ipertensione, dislipidemia, apnea ostruttiva del sonno o patologia cardiovascolare.
Tirzepatide è approvato per il trattamento della gestione del peso nei pazienti adulti obesi o in sovrappeso con almeno una comorbidità correlata, in aggiunta ad una dieta ipocalorica e ad una maggiore attività fisica.
Inoltre, è approvato per il trattamento di adulti con diabete tipo 2 non adeguatamente controllato, come monoterapia quando l’uso della metformina è considerato inappropriato (intolleranza o controindicazioni) o in aggiunta ad altri medicinali per il trattamento del diabete.
Tirzepatide è un farmaco che richiede la prescrizione medica e deve essere usato solo in conformità con le informazioni approvate sul prodotto.
In pazienti adulti con prediabete e obesità o sovrappeso, tirzepatide, somministrato settimanalmente per via sottocutanea, riduce significativamente il rischio di progressione a diabete di tipo 2. Inoltre, alla dose di 15 mg il farmaco determina una diminuzione media del peso corporeo fino al 22,9% rispetto al 2,1% per il placebo alla fine del periodo di trattamento.
I dati dello studio evidenziano una riduzione del 94% del rischio di progressione a diabete tipo 2 per tutte le dosi aggregate rispetto al placebo negli adulti con prediabete e obesità o sovrappeso. In termini assoluti, quasi il 99% delle persone trattate con tirzepatide non ha sviluppato diabete. La perdita di peso corporeo osservata nelle persone trattate con la dose di 15 mg è stata mantenuta nei tre anni di trattamento.
In altri endpoint, lo studio ha dimostrato un’associazione tra il trattamento con tirzepatide e miglioramenti per quanto riguarda controllo della glicemia, fattori di rischio cardiometabolico e qualità di vita legata alla salute. Un’analisi di mediazione post hoc ha suggerito che l’effetto di ritardo nell’insorgenza del diabete tipo 2 osservato con tirzepatide era associato per metà alla riduzione di peso indotta dal farmaco, con il restante beneficio potenzialmente attribuito ad altri effetti di tirzepatide.
Il profilo generale di sicurezza e tollerabilità si è dimostrato con i risultati precedentemente pubblicati condotti per la perdita di peso e il suo mantenimento a lungo termine. Al di là del COVID-19, gli eventi avversi riferiti con maggiore frequenza sono stati di tipo gastrointestinale e di gravità generalmente da lieve a moderata. Gli eventi avversi di tipo gastrointestinale più comuni tra i pazienti trattati con tirzepatide sono stati nausea, diarrea e costipazione.
Rocco Barazzoni, presidente della SIO, Società Italiana di Obesità ha commentato «Quasi il 95% delle persone con diabete tipo 2 è in sovrappeso o con obesità. In questa prospettiva, i risultati dello studio ci forniscono un’importante indicazione perché, mentre confermano l’efficacia di tirzepatide, dall’altra convalidano il nuovo paradigma farmacologico che collega la riduzione dell’obesità e del sovrappeso alla possibilità, oltre che di controllare il diabete, anche di prevenirlo».
«Mentre registriamo innovazioni e successi nel trattamento del diabete tipo 2, dobbiamo considerare le moltissime persone che vivono una condizione di prediabete che si associa spesso a sovrappeso e obesità e che deve suggerire prima di tutto importanti cambiamenti nello stile di vita per evitare la progressione verso la malattia» osserva Riccardo Candido, Presidente FeSDI, la Federazione che riunisce le due società scientifiche diabetologiche AMD e SID, e Presidente Nazionale AMD. «I risultati dello studio SURMOUNT aprono una nuova prospettiva perché, potenzialmente, ci danno la possibilità di agire sul diabete in fase preventiva e non solo in termini di trattamento, intervenendo su un fattore di rischio chiave come l’obesità. Questi dati rafforzano i potenziali benefici clinici della terapia a lungo termine per le persone che vivono con obesità e prediabete».