INTRODUZIONE
L'artrosi del ginocchio è una malattia degenerativa che causa la progressiva usura della cartilagine articolare, portando a dolore, rigidità e difficoltà di movimento. Le opzioni terapeutiche tradizionali, come il trattamento farmacologico e la fisioterapia non sempre risultano efficaci a lungo termine, arrivando dunque a ricorrere alla chirurgia, soprattutto nei pazienti più giovani che desiderano posticipare interventi invasivi come la protesi di ginocchio. Tra le opzioni chirurgiche non protesiche le osteotomie sono sicuramente le più indicate nei pazienti con deformità assiali.
Ma nel paziente normoassiato e in assenza di un’artrosi marcata (bone on bone) esistono altre opzioni “non convenzionali” tra cui la joint distraction e la subcondroplastica, che agiscono sul dolore con modalità differenti.
JOINT DISTRACTION (Fig 1)
Negli ultimi anni, la joint distraction ha guadagnato attenzione come opzione non convenzionale per il trattamento dell'artrosi del ginocchio.
La “joint distraction” è una procedura che utilizza un fissatore esterno per allontanare temporaneamente le superfici articolari, alleviando la pressione sulla cartilagine e creando condizioni favorevoli per la sua rigenerazione. Questa tecnica viene impiegata per un periodo di 6-8 settimane, durante il quale le superfici articolari del ginocchio vengono mantenute in distrazione, con una certa efficacia sul dolore. Creando spazio all'interno dell'articolazione, la distrazione articolare può alleviare la pressione sulle strutture sensibili, portando a una riduzione del dolore e un migliroamento dell’arco di movimento.
Il principio alla base della “joint distraction” si basa su due meccanismi principali:
1. Riduzione della pressione intra-articolare: la separazione delle superfici articolari permette di ridurre il carico meccanico sulla cartilagine, limitando la progressione della degenerazione.
2. Stimolazione dei processi rigenerativi: la distrazione crea un ambiente in cui possono essere attivati processi biologici di riparazione, stimolando la produzione di nuovo tessuto cartilagineo e rallentando il deterioramento articolare.
Questo tipo di intervento è indicato per pazienti(1,2):
• Artrosi avanzata (grado 3 sec Kellgren-Lawrence) quando altri trattamenti conservativi come la fisioterapia o le infiltrazioni intra-articolari non hanno prodotto risultati soddisfacenti.
• Giovani (tra i 18 ed i 60 aa) ed attivi
• Presenza di uno spazio articolare residuo ed integrità del sistema legamentoso
Vanno invece esclusi i pazienti anziani, con deformità (varismo o valgismo > 3°), Artrosi bone-on-bone, necrosi avascolari, infezioni o storia di infezioni recenti
Rispetto alle alternative convenzionali, come le osteotomie correttive, la joint distraction è meno invasiva e potenzialmente reversibile, poiché il fissatore esterno può essere rimosso una volta completata la terapia. Lo studio del gruppo di Wiegant, ha mostrato un significativo miglioramento clinico nei pazienti con osteoartrosi grave del ginocchio, con riduzioni del dolore e miglioramenti della funzionalità misurati tramite il punteggio WOMAC. Questi benefici si sono manifestati già a 3 mesi dalla joint distraction e sono stati mantenuti fino a 2 anni dopo la procedura. La revisione narrativa di Jansen et al., ha mostrato che l’ispessimento della cartilagine e la riduzione della sclerosi subcondrale sono osservabili mediante risonanza magnetica, con miglioramenti clinici già nei primi mesi, che si sono mantenuti fino ai 5 anni. (3)
Sebbene la joint distraction offra una promettente alternativa ai trattamenti più invasivi, vi sono complicazioni ed alcune limitazioni da considerare. La complicazione più comune è l'infezione nel sito di inserzione delle viti del fissatore, che colpisce il 66% dei pazienti, e in alcuni casi richiede l'ospedalizzazione. Sono state riscontrate anche complicazioni legate al dispositivo, che possono ostacolare l'efficacia complessiva del trattamento.
Vi sono inoltre delle variabilità nel trattamento legati ad una mancanza di standardizzazione nelle tecniche di distrazione articolare, che porta a variazioni nei tipi di dispositivi, nella durata del trattamento e nei protocolli di riabilitazione. Questa incoerenza può influenzare la prevedibilità dei risultati e complicare la gestione del paziente.
La “joint distraction” rappresenta un'opzione terapeutica innovativa e potenzialmente efficace per i pazienti con artrosi del ginocchio che desiderano evitare o ritardare l'intervento protesico. Mentre è necessario condurre ulteriori studi per consolidare l’efficacia di questa tecnica a lungo termine, i risultati iniziali sono incoraggianti. La gestione multidisciplinare tra medici di base, fisiatri e ortopedici sarà cruciale per il successo di questo approccio non convenzionale.
SUBCONDROPLASTICA (Fig.2)
La joint distraction non è l’unica opzione nel trattamento non protesico e convenzionale dell’artrosi, la quale colpisce non solo la cartilagine articolare ma l'intera articolazione, inclusa la sinovia, i legamenti, i menischi, i muscoli e tendini periarticolari ed infine l'osso subcondrale ove si rilevano alterazioni dal punto di vista meccanico, morfologico e istochimico.
L’osso subcondrale svolge quindi un ruolo chiave nella fisiopatologia e nella progressione dell'artrosi di ginocchio. La presenza di edema del midollo osseo (EO) nell’artrosi di ginocchio è correlata al dolore, al peggioramento clinico con conseguente peggioramento della qualità di vita.
Inoltre lesioni dell’osso subcondrale aumentano la progressione dell’artrosi. La letteratura ha dimostrato che pazienti con edema del midollo osseo (EO) hanno 9 volte più probabilità di sottoporsi ad intervento di protesi di ginocchio entro 3 anni rispetto a quelli senza EO. Da un punto di vista radiologico il gold standard è rappresentato dalla risonanza magnetica, l’edema osseo è definito come alterazioni ad alta intensità di segnale su sequenze sensibili ai fluidi (T2 con soppressione del grasso).
Queste alterazioni del segnale possono essere presenti anche nell’artrosi di ginocchio. In quest’ultimo caso però, le lesioni sono caratterizzate da micro lesioni dell’osso trabecolare e microfratture associate a un aumento del rimodellamento osseo e a un’alterata mineralizzazione dello stesso
Per questo, negli ultimi anni, gli interessi si sono concentrati sul trattamento dell’osso subcondrale per prevenire o trattare l’edema osseo nella degenerazione artrosica.
Il trattamento dell’edema osseo in paziente con artrosi di ginocchio è inizialmente conservativo con il riposo e utilizzo di terapia antinfiammatoria e antidolorifica. Pazienti con edema possono trarre beneficio anche dalla somministrazione di bifosfonati e integrazione con vitamina D.
In associazioni possono essere prescritte terapie fisiche, tra queste le onde d'urto e la magnetoterapia. Queste terapie hanno l’obiettivo di stimolare l’angiogenesi e l’osteogenesi migliorando così il quadro clinico e radiografico.
Quando l’edema osseo è troppo grave e le terapie conservative non hanno dato risultati si rende necessario l’approccio chirurgico.
L’obiettivo è quello di migliorare le proprietà strutturali dell’osso subcondrale interessato e stimolare il suo rimodellamento, con l'obiettivo di prevenire il collasso osseo e la progressione dell’artrosi (5).
Tra queste, la subcondroplastica (SCP) è una procedura mininvasiva che utilizza un riempitivo osseo iniettabile, sintetico, di fosfato di calcio (CaP) che imita le proprietà dell'osso spugnoso e viene riassorbito e sostituito da nuovo osso durante il processo di guarigione per supportare l’osso subcondrale danneggiato (4).
La tecnica chirurgica è semplice e necessita solo di una RMN preoperatoria per la pianificazione.
Il paziente è in decubito supino con anestesia spinale su un letto radiotrasparente. In base alla pianificazione preoperatoria si segna il punto di ingresso della cannula con un pennarello dermografico grazie alla fluoroscopia (antero-posteriore e latero-laterale).
Si esegue una piccola incisione cutanea e si introduce la cannula fino a raggiungere la lesione. Si controlla con la fluoroscopia che i fori della cannula siano sulla lesione.
A questo punto si inietta il tricalcio fosfato nella lesione controllando la distribuzione in fluoroscopia. Finita l’iniezione si esegue un’artroscopia per controllare un eventuale perdita di sostanza all’interno dell’articolazione e per valutare possibili patologie intrarticolari come lesioni condrali, corpi mobili o lesioni meniscali.
Nel post operatorio il paziente può deambulare con l’aiuto di due stampelle per una settimana, poi carico completo, senza nessuna limitazione al ROM articolare.
Le indicazioni per il trattamento con subcondroplastica sono le seguenti: pazienti con edema osseo diagnosticato con RMN, con dolore persistente nonostante la terapia conservativa per più di 6 mesi, artrosi di ginocchio di grado I,II e III della scala Kellgren-Lawrence in assenza di necrosi ossea.
I risultati in letteratura mostrano un miglioramento della clinica nel post operatorio e una riduzione della necessità di protesizzazione del ginocchio (5).
La subcondroplastica è una procedura mininvasiva, sicura ed efficace per il trattamento dei sintomi correlati all’edema osseo persistente in ginocchia artrosiche di grado lieve e moderato.
È inoltre importante considerare che la subcondroplastica non rappresenta una controindicazione e non influenza il successivo intervento d’impianto protesico.
BIBLIOGRAFIA:
1. Wiegant K, van Roermund PM, Intema F, Cotofana S, Eckstein F, Mastbergen SC, Lafeber FP. Sustained clinical and structural benefit after joint distraction in the treatment of severe knee osteoarthritis. Osteoarthritis Cartilage. 2013 Nov;21(11):1660-7. doi: 10.1016/j.joca.2013.08.006. Epub 2013 Aug 13. PMID: 23954704.
2. Thijmen, Struik., Simon, C., Mastbergen., Reinoud, W, Brouwer., Roel, J.H., Custers., Rutger, C., I., van, Geenen., Christiaan, H.W., Heusdens., Pieter, J., Emans., Maarten, R, Huizinga., Mylène, P., Jansen. (2023). Joint distraction using a purpose-built device for knee osteoarthritis: a prospective 2-year follow-up. RMD Open, 9(2):e003074-e003074. doi: 10.1136/rmdopen-2023-003074.
3. Jansen, M. P., Besselink, N. J., Van Heerwaarden, R. J., & Lafeber, F. P. (2019). Knee joint distraction as an alternative surgical treatment for osteoarthritis—a narrative review. Osteoarthritis and Cartilage, 27(3), 291-299. doi: 10.1016/j.joca.2018.11.005.
4. Pasqualotto S, Sgroi AV, Causero A, Di Benedetto P, Zorzi C. Sub- chondroplasty in the treatment of bone marrow lesions of the knee: preliminary experience on first 15 patients. Joints. 2019
5. Randelli P, Compagnoni R, Ferrua P, Ricci M, La Verde L, Mekky AF, De Silvestri A, Menon A. Efficacy of Subchondroplasty in the Treatment of Pain Associated With Bone Marrow Lesions in the Osteoarthritic Knee. Orthop J Sports Med. 2023
Venanzio Iacono1, Vincenzo Mattiacci2, Simone Natali1, Federica Rosso3, Claudio Zorzi1
1 U.O.C. di Ortopedia e Traumatologia dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico “Sacro Cuore – Don Calabria” di Negrar
2Università degli Studi di Torino
3 AO Ordine Mauriziano Torino