Il trattamento dell’ipotiroidismo si basa sulla somministrazione in mono-terapia di levo-tiroxina (LT4) sintetica, che verrà poi convertita in forma attiva (T3) grazie all’attività delle desiodasi. «Questa attivazione nei tessuti periferici è considerata sufficiente a garantire livelli corretti di ormoni tiroidei (Jonklaas J, et al. Thyroid 2014)», riferisce Andrea Corsello, UOC Endocrinologia e Diabetologia, Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” IRCCS Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.
«Tuttavia, alcuni pazienti ipotiroidei lamentano la persistenza di sintomi di ipotiroidismo e alcuni studi hanno osservato la persistenza di alcune alterazioni metaboliche durante trattamento con LT4, nonostante il TSH sia “a target», osserva l'endocrinologo. «Diversi studi hanno valutato le possibili cause di questa “insoddisfazione” e tra i parametri più approfonditi c’è l’aumentato rapporto T4/T3 che si osserva durante il trattamento con LT4», prosegue Corsello. «Inoltre, è stato recentemente dimostrato che nei pazienti ipotiroidei in trattamento con LT4 la difficoltà di raggiungere il target di TSH e il benessere clinico può essere dovuta alla presenza di mutazioni e/o polimorfismi in geni che regolano l’attività delle desiodasi (Carlé A, et al. Eur Thyroid J 2017; Castagna MG, et al. J Clin Endocrinol Metab 2017)», riporta l'esperto. «Su queste basi si è quindi sviluppato l’interesse verso l’impiego di una terapia combinata LT4 + LT3, ma gli studi clinici, seppur con alcuni limiti, non sono riusciti a dimostrare il beneficio di tale terapia rispetto alla mono-terapia con LT4» (Millan-Alanis JM, et al. Thyroid 2021).
Di recente è stato pubblicato uno studio randomizzato in doppio cieco con LT4+LT3 vs LT4+placebo, riferisce l'endocrinologo. «Criteri di inclusione: ≥ 18 anni, capacità di intendere, volere e compilare un questionario in italiano, nessuna funzione tiroidea residua (dopo tiroidectomia totale per patologia benigna o maligna con tireoglobulina – Tg – < 0.2 ng/mL e Ab anti-Tg negativi), in buon compenso biochimico con LT4 a dosaggio stabile da almeno 3 mesi», continua lo specialista. «Criteri di esclusione: gravidanza, storia di cardiopatia aritmica, insufficienza epatica o renale grave, disturbi del metabolismo osseo, terapia con LT4 a dosaggio soppressivo, oppure con corticosteroidi, anti-riassorbitivi, amiodarone, colestiramina, o integratori di ferro».
«Obiettivi: 1) primari: variazione livelli sierici di SHBG dopo 6 mesi di trattamento; 2) secondari: BMI, cambiamenti della qualità della vita (QoL, sulla base del questionario ThyPRO), TSH, FT3, FT4, assetto lipidico, CTX, osteocalcina, fosfatasi alcalina; 3) esplorativi (non pre-definiti al momento della registrazione dello studio): rapporto FT3/FT4, frequenza cardiaca, pressione arteriosa», riporta l'endocrinologo. «Pazienti arruolati: dei 160 arruolati da marzo 2017 a marzo 2020, 121 (100 donne, età 55-56 anni) hanno completato il protocollo (63 nel gruppo LT4+LT3 e 58 nel gruppo LT4+placebo)», prosegue Corsello. «Protocollo: T3 e placebo sono stati somministrati in gocce. La dose di LT3 era suddivisa in due somministrazioni (1/3 al mattino e 2/3 la sera). Anche la dose di LT4 (nel gruppo in mono-terapia) era suddivisa in due somministrazioni. Venivano effettuate modifiche posologiche al riscontro di TSH fuori dal range di riferimento (0.35-4.94 mU/L)», continua lo specialista. «Controlli eseguiti: al basale, a 6, 12 e 24 settimane. Alla valutazione basale è stata eseguita la genotipizzazione per le varianti delle desiodasi DIO2-rs225014 e MCT10-rs17606253».
«Risultati: buon profilo di sicurezza senza eventi avversi gravi correlati al trattamento in entrambi i gruppi», riporta Corsello. «Nel confronto tra i due gruppi sono stati osservati: nessuna differenza nei valori di SHBG; riduzione di TSH sotto il range di riferimento (senza vera tireotossicosi) più frequente nel gruppo LT4+LT3; aumento di FT3 e riduzione di FT4 nel gruppo LT4+LT3, con normalizzazione del rapporto FT3/FT4. Il rapporto FT3/FT4 rimaneva invece più basso del normale nel gruppo LT4+placebo; non differenze significative di BMI, frequenza cardiaca e valori pressori, né di QoL; più frequente necessità di riduzione della dose nel gruppo LT4+LT3; non differenze significative negli effetti avversi più frequenti (insonnia, palpitazioni, ansia e cefalea); non differenze in termini di preferenza del trattamento, anche se 56-60% dei pazienti riteneva più complesso il nuovo schema di trattamento (due somministrazioni giornaliere e assunzione in gocce); non differenze legate al genotipo DIO2 e MCT10», prosegue lo specialista. «Conclusione: il trattamento combinato LT4+LT3 permette di raggiungere il fisiologico rapporto FT3/FT4 ma l’impatto clinico di questo effetto è ancora da chiarire. Non sono state osservate differenze dei parametri clinici e biochimici né di preferenza di trattamento. Lo schema di doppia somministrazione giornaliera viene giudicato più complesso», riferisce Corsello.
«Dato per assodato che una quota di pazienti in terapia con LT4 continua a manifestare sintomi di ipotiroidismo, non è semplice identificare la causa di questa insoddisfazione», commenta l'endocrinologo. «Va infatti ricordato come tali sintomi possano essere aspecifici e dipendere dalla presenza di un disturbo di somatizzazione, relativamente frequente nella popolazione generale e quindi anche nei pazienti con ipotiroidismo (Perros P, et al. Thyroid 2023)», continua Corsello. «Diversi studi hanno valutato il possibile beneficio di una terapia combinata, ma con diversi limiti nel disegno», osserva lo specialista. «Il principale punto di forza di questo studio è che rispetta la maggior parte delle raccomandazioni dettate da una recente consensus (Jonklaas J, et al. Eur Thyroid J 2021), tra cui: randomizzazione in doppio cieco, durata del follow-up > 4 mesi, assenza di funzione tiroidea residua, somministrazione di LT4 e LT3 rispettando il rapporto fisiologico (13-20:1), somministrazione di LT3 in almeno due dosi giornaliere», sottolinea Corsello. «Il principale limite dello studio, oltre a non aver raggiunto il numero di pazienti prefissato, è che ha arruolato sia pazienti sintomatici che asintomatici», prosegue l'endocrinologo. «Anche questo studio quindi, come la maggior parte dei precedenti, non permette di trarre conclusioni sul possibile beneficio della terapia combinata nei pazienti in cui andrebbe valutata, cioè quella piccola quota che continua a lamentare sintomi di ipotiroidismo nonostante l’ottimizzazione della terapia con LT4 e in cui siano state escluse altre possibili cause», osserva Corsello. «Va infatti considerato che, come proposto da una recente consensus (Ahluwalia R, et al. Clin Endocrinol (Oxf) 2023), per provare a ottenere un miglioramento dei sintomi nei pazienti con TSH in range la terapia debba essere ottimizzata, portando il TSH nella porzione bassa del range o anche borderline-ridotto (0.1-0.3 mU/L)», riporta lo specialista. «Solo nel caso di persistenza dei sintomi nonostante questa modifica, andrebbe quindi valutato un tentativo di terapia combinata», prosegue Corsello. «In conclusione, anche questo studio non supporta l’impiego della terapia combinata per il trattamento dell’ipotiroidismo. L’eventuale futura disponibilità di formulazioni di LT3 a rilascio prolungato potrebbe risolvere il problema dell’aderenza al trattamento, evitando la doppia assunzione giornaliera», chiude l'endocrinologo.
Eur J Endocrinol 2024, 190: 12-22. doi: 10.1093/ejendo/lvad172.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38124252/