La transizione menopausale comprende il periodo precedente l’ultima mestruazione, variabile da 2 a 10 anni. «Nel corso di questo periodo, circa il 70% delle donne manifesta un incremento ponderale di circa 2 kg, prevalentemente caratterizzato da aumento dell’adiposità viscerale, riconducibile alla progressiva riduzione della quota estrogenica», affermano Antonia Elefante e gli esperti della Commissione Endocrinologia Ginecologica AME (Associazione Medici Endocrinologi), coordinata da Cecilia Motta. «L’incremento ponderale e le variazioni nella distribuzione del tessuto adiposo contribuiscono all’aumento del rischio di malattie cardio-vascolari (CV), diabete mellito tipo 2 (DM2), dislipidemia e metabolic dysfunction-associated steatotic liver disease (MASLD)», proseguono gli esperti. «La terapia ormonale sostitutiva (TOS) può parzialmente mitigare questi cambiamenti. Diversi studi (Papadakis GE, et al. J Clin Endocrinol Metab 2018) hanno infatti dimostrato che la TOS in menopausa, rispetto al suo non utilizzo, attenua di circa il 60% l’incremento dell’adiposità (sia addominale che totale) e riduce la circonferenza vita e il BMI», riportano Elefante e colleghi. «Oltre alla riduzione dei disturbi vaso-motori, la TOS determinerebbe una riduzione del rischio CV attraverso il miglioramento della tolleranza glucidica, con ridotto rischio di DM2, miglioramento del profilo lipidico e riduzione di incidenza di MASLD (Mauvais-Jarvis F, et al. Endocr Rev 2017). Anche la perdita di peso può ridurre il rischio CV e quindi la mortalità correlata, continuano gli esperti». «La semaglutide è un glucagon like peptide-1 receptor agonist (GLP1-RA) approvato per il trattamento del sovrappeso e dell’obesità», osservano gli specialisti. «Lo studio SELECT ha dimostrato che negli adulti in sovrappeso o obesi con pregressa malattia CV (IMA, ictus o arteriopatia periferica) in assenza di DM2, semaglutide riduce del 20% rispetto a placebo il rischio di MACE» (Lincoff AM, et al. N Engl J Med 2023).
Di recente è stato pubblicato uno studio (Hurtado MD, et al. Menopause 2024) con l’obiettivo di valutare il ruolo della TOS sul calo ponderale e i marcatori di rischio cardio-metabolico in donne in post-menopausa che assumevano semaglutide. «Era uno studio retrospettivo di coorte sulle cartelle elettroniche», riportano gli esperti. «Questi i criteri di inclusione: donne in menopausa (definita come amenorrea ≥ 12 mesi non ascrivibile ad altre cause dopo i 40 anni oppure pregressa annessiectomia bilaterale oppure donne ≥ 40 anni con pregressa isterectomia e livelli di FSH > 50 UI/L) trattate con semaglutide per sovrappeso o obesità tra gennaio 2021 e marzo 2023», osservano gli esperti. E questi quelli di esclusione: «terapia con semaglutide per meno di 3 mesi, pregressa chirurgia bariatrica, neoplasia attiva. «Le pazienti arruolate erano 106 donne sovrappeso (8%) o obese (I classe 30%, II classe 28%, III classe 34%), 16 delle quali trattate con TOS (iniziata prima e continuata durante tutto il periodo di trattamento con semaglutide) per via trans-dermica o orale, con o senza progesterone, e 90 senza TOS (che non avevano mai ricevuto terapia ormonale sistemica), riferiscono gli esperti». «I parametri raccolti (all’inizio della terapia con semaglutide a basse - 0.25-1 mg/settimana - o alte dosi - 1.7-2.4 mg/settimana - e dopo 3, 6, 9 e 12 mesi di tale terapia) erano: dati demografici, antropometrici, pressione arteriosa, dati riguardanti dislipidemia, ipertensione, DM2, reflusso gastro-esofageo, MASLD, parametri di laboratorio (HbA1c, glicemia a digiuno, colesterolo totale, LDL, HDL, trigliceridi), utilizzo di farmaci collegati ad aumento di peso (sulfaniluree, glitazonici, anti-depressivi, anti-psicotici, anti-convulsivanti, anti-istaminici, β-bloccanti, corticosteroidi), proseguono gli esperti». «L’end-point primario era il calo ponderale a 12 mesi, commentano gli specialisti». «Questi gli end-point secondari: calo ponderale a 3, 6 e 9 mesi, percentuale di pazienti che hanno ottenuto calo ponderale ≥ 5%, 10%, 15% e 20%; variazioni a 12 mesi di pressione, glicemia, HbA1c, lipidi», riferiscono Elefante e colleghi. «Ed ecco i risultati: il calo ponderale è stato maggiore nelle donne che oltre a semaglutide assumevano TOS, rispetto a quelle trattate con sola semaglutide: a 3 mesi: 7 ± 3% vs 5 ± 4% (P = 0.01); a 6 mesi: 13 ± 6% vs 9 ± 5% (P = 0.01); a 9 mesi: 15 ± 6% vs 10 ± 6% (P = 0.02); a 12 mesi: 16 ± 6% vs 12 ± 8% (P = 0.04). Non si sono osservate differenze nel miglioramento dei parametri di rischio cardio-metabolico tra i due gruppi», osservano gli esperti».
«In conclusione, secondo gli autori dello studio, la perdita di peso inferiore nelle donne non in TOS non trova altro fattore causale se non l’assenza della terapia ormonale stessa», osservano gli esperti. «Il vantaggio dato dalla TOS sulla perdita di peso probabilmente non deriva solo dalle variazioni della composizione corporea, ma anche da effetti indiretti che contribuiscono al dimagrimento, come il miglioramento dei sintomi vaso-motori, con conseguente miglioramento della qualità del sonno, della frequenza di attività fisica e della qualità di vita», continuano gli specialisti. «Nonostante le limitazioni dovute all’esiguità del campione e alla presenza di fattori confondenti (il gruppo in TOS poteva avere maggiori motivazioni nell’assumere comportamenti più salutari), questo studio apre prospettive sulla TOS come elemento in grado di migliorare i risultati sulla perdita di peso senza incrementare il rischio cardio-metabolico, nelle donne in post-menopausa in terapia con semaglutide», concludono Elefante e colleghi.
Menopause 2024, 31: 266-74. doi: 10.1097/GME.0000000000002310.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38446869/