A Madrid, nel corso della 17a Conferenza Ctad (Clinical Trials for Alzheimer’s Disease), sono stati presentati gli ultimi risultati relativi a lecanemab-irmb, anticorpo anti-amiloide beta protofibrillare sviluppato da Esai e Biogen.
In precedenza, durante la Alzheimer's Association International Conference (Aaic) del luglio 2024, erano stati esposti i risultati dello studio di estensione a lungo termine (Ole) dello studio di Fase 3 Clarity AD, mostrando che il cambiamento medio rispetto al basale nella scala globale cognitiva e funzionale Cdr-Sb (Clinical Dementia Rating - Sum of Boxes) nel gruppo trattato con lecanemab rispetto al gruppo placebo era -0,45 a 18 mesi e -0,95 a 36 mesi. Inoltre, la sottostudio tau PET ha mostrato che, con tre anni di trattamento continuo con lecanemab, il 59% dei pazienti con nessun o basso accumulo di tau nel cervello al basale ha mostrato miglioramenti o nessun declino, e il 51% ha mostrato miglioramenti rispetto al basale sulla scala Cdr-Sb.
Ora i dati di Clarity AD presentati al Ctad ampliano questi risultati iniziali includendo ulteriori misurazioni derivanti da tre anni di trattamento continuo con lecanemab in pazienti con bassi livelli di accumulo di amiloide nel cervello al basale. Questi dati mostrano che il 46% dei pazienti ha avuto un miglioramento o non ha subito declini, e il 33% ha mostrato miglioramenti rispetto al basale sulla scala Cdr-Sb. Sulla scala Adas-Cog14 (Alzheimer's Disease Assessment Scale - Cognitive Subscale), il 46% dei pazienti ha mostrato miglioramenti o nessun declino e il 43% ha mostrato miglioramenti. Sulla scala Adcs Mci-Adl (Alzheimer's Disease Cooperative Study - Activities of Daily Living for Mild Cognitive Impairment), il 51% dei pazienti ha mostrato miglioramenti o nessun declino e il 48% ha mostrato miglioramenti. Questi risultati suggeriscono che un inizio precoce del trattamento con lecanemab può influenzare positivamente la progressione della malattia nei pazienti con Alzheimer precoce e fornire benefici a lungo termine.
Lecanemab, grazie al suo doppio meccanismo d’azione (riduzione delle placche di beta amiloide e prevenzione del deposito di beta amiloide), è l'unico trattamento disponibile per l'AD precoce che supporta la funzione neuronale eliminando anche le protofibrille altamente tossiche che continuano a causare danni neuronali anche dopo che le placche sono state rimosse dal cervello. La quantificazione accurata delle protofibrille nel liquido cerebrospinale umano (Csf) è stata una sfida a causa della loro bassa concentrazione. I ricercatori di Eisai hanno sviluppato un nuovo metodo di misurazione che evidenzia il legame tra le protofibrille e i biomarcatori della neurodegenerazione. Utilizzando questo nuovo metodo, la quantità di protofibrille nel Csf dei pazienti con AD è risultata correlata più fortemente con i biomarcatori della malattia neurodegenerativa rispetto a Csf Aβ42, suggerendo che le protofibrille sono strettamente legate alla disfunzione sinaptica.
Marwan Noel Sabbagh ha presentato i risultati di un'analisi sull'uso del lecanemab tra gennaio 2023 e luglio 2024, basati su dati di pagamento dal Komodo Research Database (risorsa Usa di dati real world). L'analisi ha mostrato che l'accesso al trattamento con lecanemab si sta espandendo e ha evidenziato opportunità per migliorare l'accesso nelle aree rurali e per le popolazioni meno servite. David Watson ha riportato che 66 pazienti hanno continuato la terapia con lecanemab, con 13 pazienti trattati per più di cinque anni e 40 pazienti trattati per più di tre anni. La maggior parte dei pazienti ha risposto positivamente al trattamento, indicando un miglioramento della vita quotidiana e delle attività sociali. Non sono emerse nuove problematiche di sicurezza a lungo termine in questi studi.