Professione medica
Strategie per ottimizzare la prevenzione secondaria nel paziente dopo sindrome coronarica acuta. Esperti a confronto
Per dare una risposta sistemica al paziente dopo una sindrome coronarica acuta (Acs) al fine di migliorare il controllo dei fattori di rischio cardiaco e ridurre il più possibile la comparsa di una recidiva ischemica occorre uno sforzo maggiore, più appropriato e condiviso tra cardiologi e medici di medicina generale (Mmg).
È questo, in sintesi, il messaggio emerso dal talk streaming "Act now" - organizzato da Edra, editore leader nel settore della medicina, con il contributo non condizionante di Sanofi - al quale hanno partecipato alcuni tra i maggiori clinici italiani. Raffaele De Caterina - Università di Pisa e Unità Operativa di Cardiologia 1, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, - ha descritto i punti-chiave del progetto EuroPath III che ha riunito 555 esperti i quali hanno stilato un elenco di possibili strategie da attuare per migliorare il controllo delle LDL post-Acs e risolvere gli aspetti maggiormente prioritari. «1) Fornire al cardiologo un semplice algoritmo che consenta di gestire in modo opportuno la prescrizione alla dimissione e l'ottimizzazione della terapia che segue. 2) Fornire linee guida per la formulazione di una lettera di dimissione del paziente dal reparto. La lettera dovrebbe essere strutturata e focalizzata sui punti chiave e risultare utile ad indirizzare il paziente e il Mmg nella continuazione del trattamento. 3) Fornire al paziente una sorta di kit di dimissione che spieghi quali sono gli elementi importanti per il proprio intervento di controllo sui fattori di rischio principali. Bisogna dunque coinvolgere il paziente nella cura di sé stesso e renderlo consapevole che il trattamento ipocolesterolemizzante è un trattamento salvavita ed è fondamentale per la prevenzione delle recidive. 4) Effettuare una comunicazione multicanale con il Mmg e con il pubblico attraverso una campagna di sensibilizzazione. Stabilire un piano di prevenzione secondaria dopo l'evento acuto che consenta un'interruzione delle cattive abitudini di vita compresa l'inadeguata gestione del fattore di rischio lipidico».
Nella vita reale, purtroppo, molti pazienti a rischio non raggiungono gli obiettivi di LDL-C raccomandati; ciò a causa di molteplici problemi, come ha spiegato Natale Daniele Brunetti, Università degli Studi di Foggia e Direttore Cardiologia Universitaria. «Un primo aspetto di natura culturale riguarda le linee guida che consigliano obiettivi di livelli di colesterolo oggettivamente difficili da raggiungere nella clinica quotidiana». Inoltre, occorre fare formazione degli addetti al settore sia a livello universitario che territoriale. «Vi è poi un problema di natura organizzativa» ha proseguito. «I pazienti, soprattutto nelle aree che soffrono di carenze organizzative nella medicina territoriale, faticano a essere seguiti nel follow-up. Vi è poi una difficoltà di tipo logistico poiché i pazienti hanno difficoltà a raggiungere i centri che gestiscono il follow-up perché sono anziani e/o geograficamente distanti. Per affrontare questa criticità la telemedicina offre un aiuto» nel monitoraggio e nell'impostazione della terapia.
Ciro Mauro, Direttore di Struttura Complessa di Cardiologia con Utic presso l'Aorn Cardarelli di Napoli, ha descritto la gestione del paziente post-Acs nel suo centro di riferimento. «Cerchiamo di trattare in maniera tempestiva con Pcsk9» ha spiegato. «Abbiamo ottenuto buoni risultati accentrando nei nostri ambulatori tutta la gestione del primo anno post-Acs» per evitare la riduzione dell'aderenza alla terapia. Peraltro, ha precisato, «nel corso degli anni si è instaurata un'ottima collaborazione con la medicina di base territoriale alla quale abbiamo fornito indicazioni sulla gestione di questi pazienti». In tal senso, il Mmg deve essere supportato anche attraverso una buona lettera di dimissione, ha affermato Mauro.
Per rendere più efficace la gestione del paziente, secondo Ovidio Brignoli, medico di medicina generale - Asl Brescia, «il Mmg, dopo aver valutato la lettera di dimissioni del paziente post-Acs, dovrebbe costruire un piano assistenziale individuale organizzato nei seguenti punti: 1) verificare l'aderenza alla terapia; 2) valutare se l'assunzione dei farmaci prescritti fa raggiungere i target terapeutici prefissati; 3) monitorare i fattori di rischio; 4) visitare il paziente per effettuare una valutazione clinica complessiva; 5) esaminare le comorbilità per considerare ulteriori criteri di inquadramento. Dovrebbe quindi registrare in cartella clinica tutti questi aspetti».
Anche le tecnologie digitali e la telemedicina possono aiutare a migliorare la gestione dei centri e il monitoraggio del paziente a lungo termine, ha affermato Simonetta Scalvini, Dirigente medico presso la Divisione di Cardiologia degli Istituti Clinici Scientifici Maugeri, Irccs, Lumezzane Brescia. In particolare, «infermieri che gestiscono attraverso la telemedicina il monitoraggio del paziente possono essere estremamente utili anche nel controllare sintomi riferiti dall'assistito e che possono compromettere l'adesione alla terapia». Sanofi ha di recente sostenuto il progetto "In a heartbeat" in collaborazione con Kpmg volto a definire un nuovo modello di follow-up del paziente post-infarto miocardico acuto partendo dalla valutazione delle criticità del percorso di cura: un progetto che può contribuire all'implementazione di metodiche innovative per il follow-up da remoto. «Se il paziente è già stato visitato si possono inserire nel percorso di follow-up anche modalità telematiche che consentono di avere contatti programmati» ha osservato Scalvini. «In un mondo futuro cardiologi e Mmg condivideranno case manager che aiuteranno a seguire il paziente e dovrebbero condividere cartelle cliniche informatizzate che consentano di monitorare il paziente nel suo percorso».
Emanuela Folco, Presidente Fipc (Fondazione Italiana per il Cuore), si è soffermata sui temi dell'empowerment e degli unmet needs del paziente. Quest'ultimo, «nel suo percorso di responsabilizzazione nei confronti della propria salute, va aiutato a navigare nel sistema sanitario e nella sua burocrazia e deve ricevere suggerimenti e informazioni chiare e facilmente comprensibili» ha detto. «Inoltre, i pazienti possono usare strumenti di valutazione del rischio da condividere con il medico e fare test da compilare in autonomia per comprendere le scelte terapeutiche e le loro implicazioni». Quanto ai bisogni insoddisfatti, «dipendono dalla mancanza di percorsi chiari e strutturati. Una volta usciti dall'ospedale i pazienti possono sentirsi persi e soli; dunque, hanno bisogno di una Sanità più vicina alle persone e radicata sul territorio». Inoltre, «vanno coinvolti nello sviluppo di strumenti sanitari per meglio adattare questi ultimi alle diverse esigenze. Ci sono pazienti che non vogliono o non sanno utilizzare gli strumenti sanitari informatizzati; dunque, è importante che vi siano sempre alternative adeguate».
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