I glucocorticoidi orali sono utilizzati da circa il 3% della popolazione adulta a livello globale per varie malattie croniche. Gli individui in trattamento orale a lungo termine con glucocorticoidi mostrano una prevalenza stimata di osteoporosi o fratture fino al 30-50%, rendendo la terapia con glucocorticoidi la causa più comune di osteoporosi secondaria e iatrogena. La perdita ossea si verifica rapidamente durante i primi mesi di terapia con glucocorticoidi. Pertanto, il rischio di frattura aumenta già 3-6 mesi dopo l'inizio del trattamento e rimane costantemente elevato con la terapia con glucocorticoidi in corso.
Una recente review pubblicata su The Lancet Diabetes & Endocrinolgy ha esaminato lo stato dell’arte sulle conoscenze nel campo, esplorando l'uso e i limiti delle tecnologie di imaging attuali ed emergenti, degli strumenti di previsione, e delle le strategie di trattamento per prevenire e trattare l'osteoporosi indotta da glucocorticoidi.
La revisione mostra come la patogenesi dell'osteoporosi indotta da glucocorticoidi sia multifattoriale, coinvolgendo diversi meccanismi biochimici e genetici, aumentando l’osteoclastogenesi, modificando l'omeostasi del calcio, trans-attivando i geni che causano gli effetti avversi dei glucocorticoidi, compresa la perdita ossea e prolungando la vita degli osteoclasti, contribuendo così ad un aumento transitorio del riassorbimento osseo. I glucocorticoidi agiscono poi catabolicamente sul muscolo scheletrico. Fino al 60% dei pazienti trattati con glucocorticoidi a lungo termine mostra atrofia muscolare e debolezza muscolare, con conseguente riduzione del carico meccanico sullo scheletro.
Idealmente, la salute delle ossa dovrebbe essere valutata prima di iniziare la terapia orale a lungo termine con glucocorticoidi. La misurazione della densità minerale ossea (BMD) mediante assorbimetria a raggi X a doppia energia (DXA) rimane il gold standard per la diagnosi dell'osteoporosi. La maggior parte delle linee guida raccomanda la misurazione della BMD in tutti i pazienti di età superiore ai 40 anni, che dovrebbero ricevere glucocorticoidi orali per più di 3 mesi. Secondo alcuni esperti, la BMD dovrebbe essere valutata anche nei pazienti di età inferiore ai 40 anni, se sono trattati con alte dosi orali di glucocorticoidi o se si prevede che il trattamento duri più di 3 mesi. Tuttavia, un limite dell'esecuzione della DXA è che i valori della BMD sottostimano il rischio di frattura nell'osteoporosi indotta da glucocorticoidi e l'entità della diminuzione della BMD non riflette completamente l'aumento del rischio di frattura.
Inoltre, diversi parametri biochimici e marcatori di turnover osseo possono essere valutati a livello di laboratorio per valutare il rischio di fragilità ossea ma è da specificare che non sono in grado di distinguere l'osteoporosi primaria da quella secondaria o di diagnosticare specificamente l'osteoporosi indotta da glucocorticoidi.
Le misure preventive di base includono uno stile di vita attivo, esercizio fisico per migliorare la forza e la coordinazione, prevenzione delle cadute e un adeguato apporto dietetico di energia, proteine e calcio. Le concentrazioni sieriche di 25-idrossivitamina D devono essere di almeno 20 ng/mL, che comunemente richiedono un'integrazione. La riduzione al minimo della dose e dell'esposizione ai glucocorticoidi passando a regimi di risparmio di glucocorticoidi è stata facilitata dall'emergere di nuove terapie biologiche e mirate per varie malattie immunomediate e potrebbe contribuire a ridurre l'incidenza dell'osteoporosi indotta da glucocorticoidi in futuro.
Esiste un consenso tra le diverse linee guida e sostiene che i pazienti con un rischio di frattura imminente dovrebbero essere trattati con un agente antiriassorbitivo, di solito un bifosfonato o denosumab, o nei casi più gravi con l'agente osteoanabolizzante teriparatide.
Negli anni si sono consolidate diverse terapie per prevenire la perdita ossea. Le terapie riassorbitive, tra cui i bifosfonati che sono la classe di farmaci più utilizzata, hanno dimostrato di ridurre la perdita ossea a livello della colonna vertebrale e dell'anca. I bifosfonati più utilizzati nella pratica clinica sono l'alendronato orale, il risedronato orale e lo zoledronato per via endovenosa. Data la loro ampia disponibilità e il basso costo, i bifosfonati orali sono spesso prescritti come trattamento di prima linea nell'osteoporosi indotta da glucocorticoidi. Tuttavia, sulla base delle variazioni della BMD a livello della colonna lombare, lo zoledronato ha dimostrato di essere superiore al risedronato sia nei nuovi utilizzatori di glucocorticoidi che a lungo termine. Inoltre, gli studi hanno mostrato diversi effetti collaterali e suggeriscono precauzione nel loro utilizzo, soprattutto per zoledronato, in pazienti anziani e con patologie nefrotiche.
L’anticorpo monoclonale denosumab offre un'opzione alternativa ai bifosfonati per il trattamento dell'osteoporosi indotta da glucocorticoidi. Denosumab può essere somministrato anche in pazienti con funzionalità renale compromessa, ma poiché l'interruzione della terapia con denosumab nelle donne in postmenopausa con osteoporosi è seguita da un aumento del turnover osseo, della perdita ossea e dell'aumento del rischio di fratture, la successiva terapia di mantenimento con un farmaco antiriassorbitivo alternativo è essenziale nei soggetti con osteoporosi indotta da glucocorticoidi.
Anche gli estrogeni e modulatori selettivi del recettore degli estrogeni così come l’uso degli agenti anabolizzanti mostrano un forte razionale scientifico, tuttavia gli studi real-world sul loro utilizzo e i loro effetti collaterali sono più scarsi e con numerosità spesso piccole. Secondo le recenti linee guida emesse dalla European Calcified Tissue Society, teriparatide dovrebbe essere raccomandato nei pazienti ad altissimo rischio, definiti come adulti di età pari o superiore a 70 anni con fratture dell'anca, del bacino o della vertebra che si sono verificate negli ultimi 2 anni.
Tra le possibili terapie future un candidato interessante è un anticorpo bispecifico contro gli inibitori di Wnt sclerostina e dickkopf-1, poiché entrambe le proteine sono aumentate nell'osteoporosi indotta da glucocorticoidi. Più recentemente, il neuropeptide cellular communication network-3 è emerso come un ormone derivato dal cervello che può indurre un rapido aumento della massa ossea stimolando marcatamente la funzione degli osteoblasti.
Cicli prolungati di alte dosi di glucocorticoidi rimangono la pietra angolare terapeutica per molte condizioni croniche. Vista l'eterogeneità della sensibilità intra-individuale ai glucocorticoidi e della vulnerabilità di specifici sistemi di organi, nonché i diversi meccanismi sottostanti, la valutazione e il trattamento dell’osteoporosi indotta da questi farmaci dovrebbe essere fatta attraverso un’analisi multifattoriale, coinvolgendo diverse figure tecniche e cliniche.
Per il futuro, lo sviluppo di nuovi farmaci e tecniche analitiche forniranno sicuramente più opzioni di trattamento e un approccio personalizzato alla terapia.
Fonte: https://www.thelancet.com/journals/landia/article/PIIS2213-8587(25)00251-7/fulltext