Clinica
Diabete
10/06/2025

Diabete di tipo 2 e sonno, una relazione da non sottovalutare

Sebbene trascorriamo circa un terzo della vita dormendo, la qualità e la quantità del sonno sono spesso trascurate nell’approccio terapeutico, nonostante i dati ne confermino un impatto significativo

smartphone sonno

Il sonno è un fattore determinante per la salute metabolica e, nel contesto del diabete di tipo 2 (T2D), rappresenta un elemento clinico di crescente rilevanza. Sebbene trascorriamo circa un terzo della vita dormendo, la qualità e la quantità del sonno sono spesso trascurate nell’approccio terapeutico, nonostante i dati della letteratura confermino un impatto significativo sia nella genesi che nella progressione della patologia diabetica.

Numerosi studi osservazionali e longitudinali hanno evidenziato una correlazione tra alterazioni del sonno (sia in eccesso che in difetto) e un incremento del rischio di sviluppare T2D, fino al 50%. In particolare, ogni deviazione di un'ora dalla durata standard di 7 ore per notte si associa a un aumento del rischio compreso tra il 9% e il 14%. Inoltre, circa un terzo dei pazienti diabetici presenta disturbi del sonno, rispetto all’8,2% della popolazione generale.

Tra le alterazioni più frequenti si segnalano insonnia, sonno frammentato, apnee ostruttive notturne (OSA), sindrome delle gambe senza riposo (RLS) e neuropatia diabetica periferica, che compromettono sia la durata che la qualità del riposo. Questi disturbi sono associati a conseguenze cognitive (memoria, attenzione) e comportamentali (eccessiva sonnolenza diurna), contribuendo a un peggioramento del controllo glicemico.

«Il sonno è regolato da una cascata neuroendocrina complessa, e la sua compromissione ha effetti diretti sulla sensibilità insulinica», spiega il prof. Gian Paolo Fadini, ordinario di Endocrinologia all’Università di Padova. «La deprivazione cronica di sonno riduce la tolleranza al glucosio, incrementa l’insulino-resistenza e altera la funzione beta-cellulare. Inoltre, promuove comportamenti alimentari disfunzionali, con maggiore assunzione di zuccheri semplici e grassi saturi».

La frammentazione del sonno, osservabile anche in soggetti obesi non diabetici, è stata associata a un’aumentata resistenza insulinica. Le OSA, molto comuni nei pazienti obesi e diabetici, contribuiscono a desaturazioni notturne, attivazione simpaticotonica e infiammazione sistemica, aggravando la disfunzione metabolica.

Dal punto di vista fisiopatologico, l’interazione tra sonno e metabolismo è mediata da neurotrasmettitori e ormoni come GABA, orexina, cortisolo, leptina e grelina, che modulano l’appetito, la regolazione glucidica e i ritmi circadiani. Anche il cronotipo è un predittore indipendente di rischio: gli individui con preferenza serotina mostrano una probabilità fino a 2,5 volte superiore di sviluppare T2D rispetto ai cronotipi mattutini.

La più recente consensus congiunta ADA-EASD pone il sonno tra i pilastri fondamentali nella gestione integrata del diabete tipo 2, attribuendogli pari importanza rispetto ad alimentazione ed esercizio fisico. Il monitoraggio sistematico della qualità del sonno, mediante strumenti validati, dovrebbe dunque entrare nella pratica clinica quotidiana, non solo come strumento preventivo, ma anche come leva terapeutica.

Il sonno non è più un elemento secondario ma una vera e propria variabile clinica da integrare nella valutazione e nella presa in carico delle persone con diabete. La sua inclusione nei percorsi assistenziali può contribuire a migliorare significativamente l’outcome metabolico, la qualità della vita e, potenzialmente, ridurre il carico delle complicanze croniche.

Beatrice Curci

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