La gestione del bone loss dell'omero prossimale rappresenta tuttora una sfida per la chirurgia protesica di primo impianto o di revisione.
La necessità di correggere il difetto osseo deriva da ragioni biomeccaniche:
• trasmissione omogenea degli stress torsionali dalla metafisi alla diafisi omerale (Frankle et coll)
• mantenimento dell’adeguato deltoid wrapping con tensionamento delle fibre del fascio medio per migliorare stabilità e funzione dell’impianto
Originariamente veniva considerato un cut-off di 5cm per caratterizzare la perdita metaepifisaria omerale come significativa e quindi non aggredibile con un impianto protesico standard.
Successivamente, Boileau pose le basi per la concettualizzazione di una classificazione più precisa che tenesse conto sia del deficit omerale in quanto tale sia della porzione, laterale o mediale, della meta-diafisi coinvolta.
Ad ogni modo sia Boileau che la PHAROS consensus individuavano nel deficit >4cm e nella subsidence >50% della porzione ossea sottotuberositaria i fattori prognostici negativi per l’impianto di una protesi inversa standard.
Per valori di bone loss inferiori a quanto esaminato, gli autori sono concordi nell’utilizzo di un impianto standard con o senza cementoplastica della grande tuberosità, in caso contrario suggeriscono di adottare l’APC technique (allograft-prosthesis composite).
Recentemente è stata concettualizzata da Franceschi et al una classificazione che tenesse conto della perdita ossea omerale in relazione all’arto controlaterale.
Pur presentando delle limitazioni legate alla necessità di un arto controlaterale integro, quest’ultima classificazione consente una quantificazione precisa del bone loss fornendo indicazioni sul tipo di intervento chirurgico da effettuare in base al grading.
In linea generale, la letteratura propone l’aumento delle taglie di glenosfera/liner per le condizioni di perdita d’osso minima che condiziona parte delle tuberosità, la cementoplastica per difetti maggiori della metaepifisi e l’utilizzo della tecnica APC quando l’integrità strutturale della metafisi è compromessa e si rende necessario un massivo supporto meccanico in grado di integrarsi con l’osso nativo e trasmettere alla diafisi le sollecitazioni meccaniche dello stelo.
Recentemente, dall’esperienza della chirurgia oncologica per grandi resezioni, sono stati proposti sistemi protesici a presa distale e con augment metallico della grande tuberosità in grado di consentire il tensionamento deltoideo e sostituire anche parte della diafisi. Pur con un razionale meccanico, l’utilizzo di questi impianti è ancora controverso a causa dell’alto tasso di dislocazione articolare (fino al 20%) e del breve follow-up clinico.
BIBLIOGRAFIA
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3. “ Revision shoulder arthroplasty and proximal humeral bone loss: a comprehensive review and proposal of a new algorithm of management Revision shoulder arthroplasty and proximal humeral bone loss: a comprehensive review and proposal of a new algorithm of management” Angelo Baldari1,2, Luca Saccone1,3, Antonio Caldaria1* Gian Mauro De Angelis D’Ossat1, Luca La Verde1, Alessio Palumbo1, Edoardo Giovannetti de Sanctis,and Francesco Franceschi Journal of Orthopaedics and Traumatology https://doi.org/10.1186/s10195-024-00784-0 (2024) 25:40
Russo Raffaele, Fedele Alfonso, Pianese Daniele, Coppola Martina, Romano Alfonso, Nastrucci Guglielmo, Casillo Pasquale, Ascione Francesco