Un momento denso di spunti e riflessioni multidisciplinari, che ha visto protagonisti figure di grande rilievo come il Prof. Maurizio Memo, neurofarmacologo e Professore Emerito dell’Università di Brescia, Umberto Borellini, cosmetologo e psicologo, Alex Gezzi, dermatologo e divulgatore, e Barbara Catozzi, cosmetologa esperta in affari regolatori e moderatrice dell’incontro.
Il punto di partenza: la connessione tra cervello, pelle ed emozioni
Ad aprire l’incontro è stata un’introduzione che ha posto il tema della bellezza al centro di un sistema sempre più integrato di saperi. Le neuroscienze, oggi, esplorano con crescente attenzione i meccanismi fisiologici che legano l’esperienza emotiva alla percezione del sé. In questo quadro, il dialogo tra scienza cosmetica, medicina e clinica si fa sempre più necessario. Ma cosa ci dicono oggi le neuroscienze sulla nostra relazione con la bellezza?
Prof. Maurizio Memo: la bellezza come memoria cerebrale
Il Prof. Memo ha guidato i presenti in un viaggio affascinante attraverso le scoperte più recenti della neurobiologia. “Il cervello umano – ha affermato – è una struttura dinamica, plasmata da esperienze emotive, sensoriali e relazionali. Parliamo di ‘plasticità neuronale’: ogni emozione, ogni esperienza estetica lascia una traccia, modifica le connessioni sinaptiche, alimenta la nostra memoria e identità.” La soggettività della bellezza, secondo Memo, ha radici antiche e profonde: “Le aree cerebrali deputate al riconoscimento della bellezza sono tra le più antiche e svolgono un ruolo fondamentale nell’evoluzione umana. La bellezza non è un lusso: è una necessità biologica e sociale.” Tuttavia, il Professore ha anche posto l’accento su quanto ancora ci sia da scoprire: “Le neuroscienze non sono ancora in grado di misurare qualitativamente un’emozione. Non sappiamo ancora come quantificare la potenza immaginativa o la qualità della bellezza percepita.” Un’altra riflessione centrale è stata quella sulla difficoltà epistemologica che separa l’oggettività scientifica dall’esperienza soggettiva. “Il cervello potrà mai capire se stesso?” si è chiesto Memo, lasciando aperta una delle domande più profonde della scienza contemporanea.
Umberto Borellini: neurocosmesi e sensorialità come nuova frontiera
Umberto Borellini ha introdotto il concetto di neurocosmesi, una delle tendenze più avanzate della cosmetologia scientifica. “Oggi possiamo parlare di due categorie principali: i neurocosmetici e i cosmetici sensoriali”, ha spiegato. I neurocosmetici contengono sostanze in grado di interagire con i neurotrasmettitori cutanei, influenzando direttamente parametri come la percezione del benessere o la reattività cutanea. I cosmetici sensoriali, invece, generano sensazioni piacevoli che stimolano la produzione di endorfine, contribuendo al riequilibrio dell’omeostasi epidermica.
Alla base di questi approcci vi è la P.N.E.I. – psico-neuro-endocrino-immunologia – una disciplina che dimostra come pelle, cervello e sistema immunitario siano strettamente connessi, fin dall’origine embrionale. “È noto che epidermide e sistema nervoso derivano dallo stesso foglietto embrionale: l’ectoderma”, ha ricordato Borellini. Da qui nasce una visione nuova dell’inestetismo, visto non più come semplice manifestazione estetica ma come espressione di uno squilibrio psico-emotivo. “L’acne, la couperose, l’invecchiamento precoce – ha proseguito – sono spesso correlati a stati di stress. La pelle è un organo che ‘sente’ e ‘risponde’.” Non è un caso, quindi, che l’innovazione cosmetica guardi sempre più alla stimolazione di molecole del benessere come dopamina e ossitocina, cercando un equilibrio tra funzione e sensorialità.
Barbara Catozzi: comunicare bellezza tra regolazione, cultura e arte
Barbara Catozzi ha portato l’attenzione su un aspetto cruciale del mondo cosmetico: la comunicazione regolatoria e l’interpretazione da parte del consumatore. “Molti consumatori faticano a comprendere correttamente le etichette dei cosmetici”, ha sottolineato, citando il caso dei solari come esempio emblematico. I simboli relativi a SPF, protezione UVA, quantità d’uso o modalità d’applicazione sono spesso poco chiari, anche a causa di simbologie importate da altri contesti culturali. “Il rischio – ha spiegato – è quello di un uso scorretto del prodotto, con conseguente riduzione dell’efficacia protettiva.” Inoltre, la complessità normativa rende difficile distinguere tra le attività funzionali delle materie prime e le proprietà del prodotto finito. “Un cosmetico non può alterare la fisiologia dell’organismo umano, ma alcune materie prime possono esercitare effetti importanti. Questa distinzione è spesso sfuggente al grande pubblico.” Ma la riflessione si è spinta anche su un piano più culturale. “La bellezza non può essere ridotta a performance istantanea. In un’epoca in cui tutto scorre veloce – dalla moda ai cartoni animati – il cosmetico deve tornare a essere racconto, arte, poesia.” Catozzi ha parlato di “well aging” come nuovo paradigma: una bellezza che accompagna il tempo, senza negarlo, offrendo esperienze sensoriali che raccontano identità e desideri. “Anche il packaging, il design olfattivo, la scelta dei claim: tutto concorre a narrare un sogno, seppur limitato al tempo di un puff.”
Alex Gezzi: la pelle come linguaggio e il cervello come mistero narrativo
Il dermatologo Alex Gezzi, con il suo approccio teatrale e narrativo, ha introdotto un punto di vista originale e coinvolgente. “Il cosmetico ha un valore sociale ed evolutivo – ha detto – racconta chi siamo, prima ancora di ciò che vogliamo sembrare.” Gezzi ha ricordato la celebre disputa tra Camillo Golgi e Santiago Ramón y Cajal, due giganti della storia della neuroanatomia che nel 1906 vinsero insieme il Nobel per la Medicina pur sostenendo teorie opposte: Golgi immaginava una rete neuronale unica e interconnessa, Cajal sosteneva l’individualità delle cellule nervose. Oggi, nuove scoperte sembrano suggerire che entrambi avessero ragione… almeno in parte. “Anche in cosmetologia viviamo questa tensione: tra una visione olistica e una visione analitica del corpo e della pelle”, ha osservato Gezzi. “Ma la verità sta forse nella loro convivenza. La pelle è insieme barriera e comunicazione, confine e linguaggio.” Il suo intervento ha toccato il tema della rappresentazione, della bellezza come segnale evolutivo, della narrazione personale che passa attraverso il colore della pelle, la luminosità, la forma, la cura.
Le reti che ci collegano: tra AI, sensi e consapevolezza
In chiusura, è stato Borellini a sollevare una domanda chiave per il futuro della formazione e dell’esperienza cosmetica: “Potremo mai prescindere dai nostri sensi?” ha chiesto, aprendo una riflessione sul ruolo dell’intelligenza artificiale, delle tecnologie immersive e degli strumenti di analisi automatica. La risposta, condivisa da tutti, è stata chiara: la tecnologia può essere alleata, ma non sostituto. Il tocco, il profumo, il colore restano elementi insostituibili della relazione con la bellezza. L’essere umano, per natura, desidera esperienze che coinvolgano i sensi. La bellezza è percezione, sinestesia, memoria emotiva.
Conclusioni: verso una nuova cultura della bellezza
L’incontro si è concluso con un messaggio forte e condiviso: la bellezza non è solo estetica. È neuroscienza, è linguaggio, è benessere integrato. E la cosmesi, oggi più che mai, è chiamata a svolgere un ruolo educativo e culturale. Non solo per creare prodotti migliori, ma per costruire un dialogo nuovo tra scienza e società, tra pelle e cervello, tra desiderio e consapevolezza.