Tra giugno e settembre, oltre il 91% dei medici usufruiscono dei 15 giorni di vacanze nel periodo estivo, come garantito dal contratto nazionale di lavoro. Questo comporta una riduzione degli organici in reparto che varia tra il 21 e il 30% nel 48% dei casi, tra il 30 e il 50% nel 19,4% dei reparti, mentre la carenza è tra l'11 e il 20% in un altro 21,8% dei casi. Per chi resta in servizio, il volume di lavoro aumenta nel 42,7% dei casi. Sono alcuni dei dati resi noti dalla Federazione dei medici internisti ospedalieri, che a Roma, nel corso di un incontro con istituzioni sanitarie e parlamentari hanno chiesto un'indagine parlamentare conoscitiva su reparti di Medicina Interna. "Accogliamo nei nostri reparti un milione di ricoverati l'anno. Le Medicine interne vanno potenziate", è la richiesta Fadoi.
Il problema estate non si ferma ai reparti, gli ambulatori, infatti, diminuiscono le loro attività nel 52,7% dei casi e chiudono del tutto in un altro 15,1% degli ospedali. Il 14,1% garantisce invece l'invarianza nel numero e nei tempi delle attività ambulatoriali. Sono enormi i sacrifici sostenuti dai medici per coprire la carenza di personale già di per sé cronica. Ecco così che il 56,8% tra giugno e settembre vede molto spesso saltare i riposi settimanali che pure dovrebbero essere sempre garantiti, mentre l'intervallo delle 11 ore di riposo giornaliero non è sempre assicurato per il 26,7% dei professionisti. Se pur riducendo le attività d'estate gli ospedali "non chiudono per ferie, lo si deve ai sacrifici sostenuti dai medici per coprire la carenza di personale già di per sé cronica", sottolinea la federazione. Ecco così che "il 56,8% tra giugno e settembre vede molto spesso saltare i riposi settimanali che pure dovrebbero essere sempre garantiti, mentre l'intervallo delle 11 ore di riposo giornaliero non è sempre assicurato per il 26,7% dei professionisti". Nello stesso arco temporale "il 44,7% è obbligato a coprire i turni notturni con attività aggiuntive, mentre il 28% è chiamato a garantire anche i turni in pronto soccorso (il 4,4% solo nel periodo estivo), con un numero di ore continua l'indagine compreso tra le 12 e le 60 a settimana nel 56,1% degli ospedali, mentre nel 10,5% dei casi le ore trascorse nei pronto soccorso è addirittura superiore a 90".
La proposta lanciata da Fadoi è stata subito accolta con favore bipartisan da deputati e senatori, dichiaratisi disponibili a promuovere un'iniziativa per avviare l'indagine conoscitiva su reparti di Medicina interna che rappresentano il cuore pulsante dei nostri ospedali. E che per le condizioni di lavoro sempre più difficili vanno valorizzati e potenziati per non rischiare di non essere più attrattivi, visto che secondo gli ultimi dati Anvur (Agenzia per la valutazione del sistema universitario), nell'anno accademico 2022/23 sono rimaste scoperte in Medicina interna circa la metà delle borse di studio messe a bando. "Le Medicine interne hanno assistito durante la pandemia il 70% dei pazienti Covid, trasformandosi soprattutto durante le prime terribili ondate in veri e propri reparti di sub-intensiva. Nonostante questo, le nostre unità operative sono ancora classificate 'a bassa intensità di cura', il che significa avere una minore dotazione di personale medico e infermieristico per posto letto", afferma Francesco Dentali, presidente di Fadoi. "Una incongruenza alla quale è sempre più urgente porre rimedio insiste Fadoi Anche perché la carenza di medici e infermieri è indiscutibile, ma come dimostrano i dati del ministero della Salute sul tasso di utilizzo dei posti letto nei nostri ospedali, c'è anche una cattiva distribuzione delle risorse". "Nei nostri reparti assistiamo quasi un milione di persone l'anno dichiara il presidente della Fondazione Fadoi, Dario Manfellotto e sono in maggioranza pazienti complessi con più patologie come scompenso cardiaco, insufficienza respiratoria, malattia renale cronica. Tutte patologie che 'giustificano' l'uso di farmaci più moderni ed efficaci. Ma, al momento della dimissione, o anche dopo una visita ambulatoriale, non sempre è possibile prescrivere i farmaci più innovativi. E così succede che il paziente rientra a casa senza un piano terapeutico completo, perché per avere la prescrizione deve prenotare la visita da un altro specialista". Un 'percorso ad ostacoli' che potrebbe essere risparmiato al paziente "consentendo a tutti gli specialisti coinvolti nell'uso dei medicinali, in primis gli internisti, di poterli prescrivere", conclude Fadoi.