Nel 1889 Erik Johan Widmark di Stoccolma pubblica uno studio fondamentale che dimostra sperimentalmente che le radiazioni UV possono causare eritemi e ustioni alla pelle.
Nel 1896 le radiazioni solari sono riconosciute dalla comunità scientifica come agente eziologico di gravi patologie cutanee e non soltanto degli eritemi e delle scottature. Infatti, il dottor Paul Unna, un medico tedesco, descrive per primo un'associazione tra esposizione al sole e cancro della pelle, spiegando i cambiamenti precursori del cancro della pelle, come l'ipercheratosi, sulla pelle esposta al sole. Definisce questi cambiamenti seemanshautcarzinom o carcinoma della pelle del marinaio. Fu proprio Unna ad iniziare ad utilizzare ossido di Zinco come filtro fisico e per i bendaggi antinfiammatori.
Negli anni 20 del ventesimo secolo Coco Chanel pubblica delle foto pubblicitarie per alcune sue creazioni sulle rive del Mediterraneo in estate, indossate da persone abbronzate. Inizia così l’idea che la pelle abbronzata sia sinonimo di uno stile di vita sano e privilegiato. In precedenza infatti non era considerata un pregio bensì una caratteristica di chi era costretto a lavorare all’aperto. Nasce così l’esigenza di abbronzarsi meglio e più velocemente. Le profumazioni dei solari ricordano il cocco e i fiori tropicali (es. tiarè).
Eugène Paul Louis Schueller, farmacista francese, fondatore di L’Oreal nel 1935 propone Ambre Solaire che contiene come filtro il Benzyl Salicylate, oggi annoverato tra gli allergeni delle fragranze. Benzyl Sacicylate è stato uno dei primi filtri, insieme con Benzyl Cinnamate (Balsamo del Tolù o del Perù) utile come protettivo dalla radiazione UVB. Queste due sostanze odorose, che profumano di fiori, lievemente balsamiche, possiedono una debole capacità di filtrare raggi UVB e oggi non sono più quasi più utilizzate come filtri.
Dopo la guerra si sono succedute nuove formulazioni e un chimico tedesco, uno scalatore, inventò la “crema del ghiacciaio”, ancora una volta a base di Benzyl Salycilate, a nome PIZ BUIN, come la vetta che aveva scalato. Il marchio esiste ancora oggi, con una formula aggiornata.
Dalla seconda metà del 1900 vengono introdotti i filtri fisici, in particolare si sperimenta il titanio biossido, che viene sviluppato a livello industriale più tardi rispetto allo zinco ossido.
Negli anni 70 iniziano a diffondersi i prodotti water proof con formule a base di PABA (acido paramminobenzoico). Il PABA interviene promuovendo la sintesi di melanina, quindi può essere utilizzato nella prevenzione delle scottature solari. L'acido para-amminobenzoico rappresenta un ingrediente fondamentale delle creme solari. La molecola tuttavia può creare sensibilizzazioni e verrà presto soppiantata da nuovi filtri organici. Per questo motivo questo filtro viene inserito nelle formule ad una concentrazione massima del 5%, concentrazione alla quale i rischi sono nulli.
Negli USA ed in Australia negli anni 70 si creano movimenti che chiedono una regolamentazione dei filtri solari e inizio anni 80 nasce il concetto di Sun Protection Factor (SPF).
Negli anni 90 la maggior parte dei prodotti solari sul mercato possiedono spf tra 15 e 30 e sono basati su formulazioni con l'avobenzone (con ethylhexyl triazone aggiunto per aumentare la fotostabilità) che è l'ingrediente più comune per la protezione UVA, mentre il metossicinnamato (ethylhexyl methoxycinnamate) è l'ingrediente più comune per la protezione UVB. La profumazione cocco spadroneggia, insieme alle profumazioni fruttate. Negli ultimi anni, si affiancano anche nuove profumazioni come frangipane e eliotropio (es. profumo della nuovissima linea girasole di Erbolario).
Da fine anni 90 gli studi aumentano esponenzialmente.
Nel 2007 L'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro pubblica uno studio fondamentale che conferma l'associazione tra lettini abbronzanti e melanoma.1
Nel 2008 Danovaro e colleghi pubblicano il primo studio che descrive il potenziale ruolo degli ingredienti della protezione solare che causano lo sbiancamento dei coralli in aree con alti livelli di uso ricreativo umano.2
Nel 2018, in seguito al documento di Downs e colleghi che sollevava preoccupazione per il potenziale danno di due ingredienti di protezione solare, ossibenzone e ottinoxato, sullo sbiancamento dei coralli e sugli ecosistemi sottomarini, le Hawaii diventano il primo stato ad approvare un disegno di legge che vieta la vendita di filtri solari contenenti ossibenzone e ottinoxato, attivi ingredienti presenti nella maggior parte dei principali marchi di creme solari.
Nel 2019 lo studio di Matta e colleghi su JAMA descrive in dettaglio l'applicazione di quattro filtri solari comunemente disponibili su volontari sani. Tali filtri sono stati rilevati nel circolo sanguigno e ad oggi necessitano di ulteriori approfondimenti. I principi attivi inclusi nello studio sono avobenzone, ossibenzone, octocrylene ed ecamsule. Questo studio ha enfatizzato e sollecitato la necessità di ulteriori studi per determinare il significato di questi risultati.
Una recente guida dermatologica americana3 afferma che molti sottovalutano i possibili danni da radiazione solare. Bisogna infatti considerare la quotidiana esposizione casuale che si somma a quella volontaria, soprattutto al mare o in montagna, per moltiplicare i danni. Per questo motivo è consigliata l’applicazione quotidiana della protezione solare come se fosse una crema idratante, così da esser sempre protetti.
L’esposizione ai raggi UV può verificarsi a causa dei raggi ultravioletti che penetrano attraverso il vetro, i raggi UVA. I raggi UVA vengono emessi allo stesso livello tutto il giorno a lungo mentre gli UVB, che vengono bloccati dal vetro, raggiungono il picco intorno a mezzogiorno.
La protezione solare dovrebbe essere indossata su tutto il viso, orecchie incluse, oltre che collo, mani e parti esposte.
Le preoccupazioni attuali dei consumatori riguardano principalmente la sicurezza d’uso dei prodotti solari, in particolare da quando è noto che vengono assorbiti. Bisognerà attendere studi più approfonditi per comprendere realmente quali e quanti danni possono essere identificati e descritti. In ogni caso la protezione solare è la principale risorsa per contrastare la capacità tumorale della radiazione UV.
I filtri organici, anche detti chimici, sono stati valutati, per il profilo tossicologico, prima della pubblicazione degli studi sopra riportati, e la concentrazione massima di utilizzo di ciascun filtro è stabilita per legge per annullare ogni rischio. Infatti, nei prodotti solari sono utilizzati dei blend di filtri a concentrazioni inferiori rispetto a quelle massime ammesse, in modo da ridurre ulteriormente l’impatto. I filtri fisici non presentano problematiche sotto il profilo tossicologico, ma lo zinco ossido è altamente inquinante per l’ambiente marino. Il titanio biossido è nuovamente in fase di verifica da parte di Scientific Commitee on Consumer Safety (SCCS) , in particolare per quanto riguarda il rischio inalatorio.
1 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8682817/#CIT0017=
2 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/18414624/
3 https://www.aad.org/media/stats-sunscreenhttps://www.aad.org/media/stats-sunscreen
A cura di Barbara Catozzi