La pandemia COVID-19 ha alterato la percezione del rischio, portando molti medici alla convinzione che possa essere etico “non curare”, almeno questo è quanto è emerso da uno studio pubblicato sulla rivista Clinical Infectious Diseases.
Dopo aver selezionato, fra migliaia di studi, tra cui articoli accademici, opinioni, dichiarazioni politiche, documenti legali e notizie, 187 fonti che rispettavano rigidi criteri selettivi, i ricercatori hanno valutato il grado di tolleranza dei medici nel rifiutare cure ai pazienti affetti da COVID-19, identificando una crescente accettazione nel negare le cure a causa delle preoccupazioni sulla sicurezza.
Ad esempio, nel periodo massimo di epidemia da HIV, solo il 13,3% degli articoli conteneva una qualche forma di tesi che considerava etico rifiutare alcune forme di cura, tendenza rimasta stabile anche con altre epidemie, con solo dal 9% al 16% degli articoli che sostenevano che il rifiuto delle cure fosse accettabile.
Ma la pandemia COVID-19 ha avuto il più alto numero di articoli che suggerivano che fosse eticamente accettabile rifiutare le cure, il 60%, anche se, c’è da dire, il 75% sosteneva comunque l’idea di fondo che l’obbligo alla cura rimanesse un dovere del medico.
Cosa è cambiato con il COVID? Gli autori hanno scoperto che i diritti del lavoro e la mancanza di una fornitura adeguata di protezioni personali erano le principali ragioni citate sostenute dal 40% degli articoli citati, seguiti dal rischio di infezione per i medici e le loro famiglie, con quasi il 27% degli articoli che discutevano.
Gli autori hanno osservato che la pandemia di COVID ha avuto diverse caratteristiche uniche che hanno modificato il “contratto sociale tra medici e pazienti, guidando potenzialmente cambiamenti nel rapporto di cura anche per il futuro. Tra questi fattori vi erano:
- Scarsità di risorse, tra cui dispositivi di protezione individuale, stanze ospedaliere, respiratori, trattamenti e vaccini;
- Informazioni polarizzanti sui vaccini, trattamenti efficaci e modalità di diffusione del virus;
- Aumento dei tassi di violenza fisica e verbale nei confronti del personale sanitario.
Gli autori hanno notato anche un dibattito su come lo stato vaccinale di un paziente possa influenzare la decisione se trattare un paziente o meno.
Da un lato i pazienti che rifiutano la vaccinazione sono a maggior rischio di complicazioni e mettono a rischio altri pazienti e medici. Le discussioni hanno riguardato quindi il grado di reciprocità personale riguardo il triage medico e la responsabilità personale su una minor prioritizzazione nel ricevere cure, in situazioni di emergenza e scarsità di risorse.
"Tutti gli articoli della storia hanno dimostrato che i medici credevano obbligatorio trattare i pazienti", ha dichiarato l'autrice principale dello studio, Braylee Grisel, studentessa del quarto anno presso la Duke University School of Medicine. "Siamo rimasti davvero sorpresi quando abbiamo scoperto che l’epidemia COVID-19 era così diversa dalle altre".
"Questi risultati potrebbero aiutarci a capire come evolve l’etica medica mentre una pandemia è in corso, poiché il COVID-19 è stato il primo focolaio moderno a mettere un numero molto personale in prima linea nel contenimento di un’infezione respiratoria", ha dichiarato l'autore senior Krista Haines.
"Questo studio mostra davvero come le pressioni esterne influenzino e colpiscano medici e operatori sanitari", ha concluso Grisel. "In future pandemie, potremmo dover diventare più consapevoli di come i rischi e le pressioni esterne influenzino la disponibilità a fornire cure. I sistemi sanitari possono imparare come mitigare queste influenze per garantire che gli ospedali siano adeguatamente attrezzati per soddisfare le esigenze dei pazienti”.