Dolore costrittivo e violento al centro del petto, senso di pesante oppressione oppure dolore bruciante che può irradiarsi alla mascella, alle spalle, alle mani o alla schiena, accompagnato da sudorazione fredda, affanno, debolezza o senso di svenimento. Nelle donne possono manifestarsi anche vertigini/capogiri, dolore addominale, senso di stordimento. Sono questi i campanelli d'allarme dell'infarto miocardico acuto, evento improvviso che si verifica a seguito dell'interruzione del flusso sanguigno diretto al cuore a causa di un restringimento o di una ostruzione (coagulo) di una o più arterie (coronarie) che lo trasportano. Per i cardiologi ospedalieri, riuniti a Rimini per il 55esimo Congresso nazionale di Anmco, la prima regola è sempre la stessa: arrivare presto. Appena compaiono segni e sintomi che fanno pensare ad un infarto, non bisogna perdere tempo".
Grazie alle cure e a trattamenti come l'angioplastica, da eseguire prima possibile, si è ridotta dal 16% al'8% la mortalità a 30 giorni dall'evento acuto emerge dal congresso. Se, invece, non si interviene rapidamente per ripristinare il flusso, l'area del cuore coinvolta viene danneggiata dalla mancanza di ossigeno e va incontro a morte per necrosi dei tessuti.
In Italia ogni anno si registrano da 130mila a 150mila nuovi casi di infarto miocardico acuto. La causa principale è l'aterosclerosi, processo patologico progressivo dovuto ad accumulo di materiale lipidico (grasso) sulle pareti delle arterie coronarie, che nel tempo porta alla formazione delle cosiddette 'placche'. Una placca può rompersi all'improvviso con successiva formazione di un coagulo, che può crescere fino ad occludere completamente il vaso arterioso.
Le cure attuate in reparto intensivo dipendono dal tipo di infarto e dalla sua gravità e sono standardizzate da precise linee guida nazionali e internazionali. L'intervento più importante, spiega l'Associazione dei cardiologi ospedalieri, è il ripristino e il mantenimento del flusso sanguigno nel più breve tempo possibile. Le terapie farmacologiche impiegate sono: trombolitici, acido acetilsalicilico, eparina, antidolorifici, nitroglicerina, beta-bloccanti, ipolipemizzanti, morfina, Ace-inibitori. Tra le procedure interventistiche, oltre all'angioplastica con stent coronarici, si ricorre nei casi più seri all'intervento di bypass coronarico.
Dopo la dimissione, nel cosiddetto post infarto, il paziente deve adottare una serie di misure per evitare eventuali recidive: terapie ipolipemizzanti da assumere in maniera continuativa come prescritto dal cardiologo curante, controlli periodici, riabilitazione cardiologica, modificazione dello stile di vita, abolizione del fumo, attività fisica regolare e moderata, alimentazione sana. Oltre a ridurre il rischio di incorrere in un secondo evento ischemico, l'obiettivo di queste misure è migliorare la qualità della vita, favorendo un ritorno alla normalità, alla vita lavorativa e di relazione.