Oltre due milioni di ricoveri impropri ogni anno, con uno spreco di 6 miliardi di euro. Ospedali intasati e pronto soccorso allo stremo, eppure tre ricoveri su dieci si potrebbero evitare se i medici di famiglia si consultassero con i medici ospedalieri. E invece proprio questo 'blackout' di comunicazione territorio-ospedali sta portando a conseguenze sempre più pesanti. A fotografare la situazione è la Federazione dei medici internisti ospedalieri (Fadoi), nel corso del suo 29esimo congresso a Rimini, che, in un'indagine su un campione rappresentativo di tutte le Regioni, rileva come il consulto avvenga in appena il 15% dei casi di pazienti ricoverati, mentre in 8 casi su 10 i pazienti arrivano in reparto senza che si sappia nulla di loro. Anche perché il fascicolo sanitario elettronico è aggiornato appena una volta su cinque. Per Dario Manfellotto, presidente della Fondazione Fadoi, "servono regole chiare e stabilite a livello nazionale che leghino tutta la filiera del Servizio sanitario nazionale. Oggi invece i percorsi di cura sono frammentati e spesso si formano dei colli di bottiglia che intasano le strutture". Per questo, prosegue Manfellotto, "servirà agevolare il percorso casa-territorio-ospedale-post acuzie-riabilitazione-casa, con regole d’ingaggio strette e rigorose. La regìa non la può fare in modo burocratico una 'Centrale operativa territoriale' ma una équipe di professionisti competenti. E poi un ospedale di comunità a 'quasi totale gestione infermieristica' non può funzionare, per cui si rende necessaria una via nuova, che coinvolga gli specialisti dell’ospedale in collaborazione con i medici del territorio, con percorsi assistenziali ben definiti".
In un ospedale italiano su tre, dunque, oltre il 40% dei ricoveri è causato dalla mancata presa in carico del territorio. Appena il 20% dei medici di famiglia, inoltre, aggiorna il fascicolo sanitario elettronico e i consulti con i medici ospedalieri sono rari o inesistenti nell'85% dei casi. Ma, in occasione del suo 29/mo congresso nazionale a Rimini, Fadoi punta i riflettori anche su un altro fenomeno, legato sempre ai ricoveri impropri: sono in media il 20% quelli di natura 'sociale' più che sanitaria. Ossia di pazienti che si sarebbero potuti assistere anche a casa se solo esistesse un servizio di assistenza domiciliare o una rete familiare in grado di accudirli. Ospedali e sanità territoriale, affermano i medici internisti, rappresentano dunque due mondi quasi incomunicabili che finiscono per generare accessi impropri ai pronto soccorso e ricoveri evitabili. Partendo dai ricoveri 'sociali', più nel dettaglio, questi rappresentano il 20% del totale nel 31,7% delle strutture interpellate mentre la quota supera il 30% nel 15,4% degli ospedali e il 40% nel 4,7% degli stessi, per una media di un ricovero su 5. Nel 34,1% delle strutture si sarebbero invece potuti evitare un buon 30% dei ricoveri con una migliore presa in carico dei pazienti nel territorio. Percentuale di ricoveri impropri che è di più del 40% nel 33,7% dei nosocomi, mentre in altre realtà ospedaliere la quota di ricoveri evitabili oscilla fra il 10 e il 20%. Solo l'1,8% non segnala ricoveri impropri per carenze della sanità territoriale. Variegate le azioni che a giudizio dei medici internisti ospedalieri avrebbero potuto evitare ai pazienti di soggiornare in reparto. Per il 32,6% servirebbe un maggior rapporto tra ospedale e territorio, per un altro 32,4% una maggiore offerta di assistenza domiciliare integrata, per il 21% basterebbero le nuove case e ospedali di comunità e per il 13,9% sarebbe necessaria una apertura più continuativa degli studi dei medici di famiglia.
Per comunicare, pur senza parlare uno strumento ospedale e territorio ce l'avrebbero - ricorda Fadoi - ed è il fascicolo sanitario elettronico, che dovrebbe contenere tutta la nostra storia sanitaria, dalle patologie che ci affliggono alle terapie che assumiamo al momento di finire in ospedale. Peccato che i medici del territorio, anche per farroginosità burocratiche, non riescano ad aggiornarlo nel 39,3% dei casi o lo facciano raramente nel 41% dei casi. Le stesse alte percentuali si ritrovano quando si tratta di rilevare il dialogo tra medici ospedalieri e territoriali. I primi nel 71% dei casi si consultano solo raramente con i medici di famiglia e gli specialisti ambulatoriali quando un paziente viene ricoverato, mentre per il 13,7% il consulto non avviene proprio mai. Si verifica invece abbastanza frequentemente appena nel 15% dei casi. La consulenza si attiva sempre appena lo 0,2% delle volte. Rispetto alla riforma della sanità territoriale, con i previsti ospedali e Case di comunità, la Fadoi mostra tuttavia molte perplessità: "L'indagine dimostra numeri alla mano lo scollamento pressoché totale tra ospedale e territorio. Anacronistico in un Paese che invecchiando vede aumentare il numero di pazienti cronici con poli-patologie che richiedono una presa in carico globale - afferma il presidente Fadoi, Francesco Dentali - e purtroppo, come segnalano a larga maggioranza i nostri medici, questa frattura non sarà ricucita dalla riforma della sanità territoriale finanziata con i soldi del Pnrr, che ha disegnato le mura delle nuove strutture, senza definire chi ci lavora e come si rapportino con l'ospedale".