Professione medica
Aggressioni
23/04/2024

Un anno fa moriva Barbara Capovani, Sip: la nostra sicurezza non è aumentata

A un anno dalla morte della psichiatra di Pisa nessuna iniziativa ha ottenuto lo scopo che si prefiggeva: aumentare la sicurezza nei luoghi di lavoro, sottolinea la Sip

violenza donne

Il 23 aprile 2023, a quasi mezzanotte moriva Barbara Capovani, la psichiatra di Pisa uccisa da un paziente all'esterno dell'ospedale. Gli psichiatri italiani l’hanno ricordata lavorando con il lutto al braccio. Ma in questo anno, qualcosa è cambiato? Gli specialisti si sentono più sicuri? Per la Società italiana di psichiatria, "nessuna iniziativa ha ottenuto lo scopo che si prefiggeva: aumentare la sicurezza nei luoghi di lavoro. Non è bastata una fiaccolata con migliaia di psichiatri e operatori sanitari nelle più importanti piazze d'Italia, non sono bastate lettere, interviste e appelli alle Istituzioni e al Presidente della Repubblica in occasione della Giornata nazionale della Salute mentale lo scorso 20 ottobre. Fino a oggi nessuna risposta concreta. Una seconda lettera al presidente Mattarella è stata inviata recentemente da 450 psichiatri. Anche qui, per ora, nessuna risposta".

Per i medici è un'emergenza. Secondo l'Inail, ogni anno sono oltre 2mila i casi di violenza in sanità; 6mila nel 2020-2022, con un incremento del 14% sul triennio precedente, consentendo un conto facile sul 2023: circa 2.300 casi, di cui altrettanti più lievi e non denunciati. Il 34% avviene in ambito psichiatrico, con un 21% al pronto soccorso.

Tra le problematiche aperte - secondo la Sip - l'abolizione della Circolare Lamorgese sul divieto di intervento delle Forze dell’ordine negli ambiti di pronto soccorso e nei reparti, una decisione che "ha deluso e lasciato soli i medici e i sanitari di fronte alle aggressioni e reso ulteriormente difficile la gestione dei pazienti violenti nei reparti di psichiatria", evidenziano. ''Conoscevo Barbara Capovani, era un medico infaticabile e appassionato, non ricordo di averla mai vista senza sorriso. Gestiva ogni situazione in modo competente e rassicurante, trovando la soluzione migliore per tutti. È passato un anno dalla sua morte - ricorda Liliana Dell’Osso, presidente eletto Sip - Un anno in cui, a parte frasi di circostanza, il problema psichiatria in Italia e della sicurezza dei dipartimenti (e dei centri di salute mentale di conseguenza) è rimasto sepolto sotto un mare di dichiarazioni senza soluzioni reali. Perché la violenza quotidiana cui sono sottoposti operatori, infermieri, psicologi e medici psichiatri ormai è diventata impossibile da quantificare, visto che le denunce non danno alcun riscontro, salvo in casi drammatici come questo o in caso di ricovero''.

''Certamente la Circolare Lamorgese sul divieto di intervento delle Forze dell'ordine nei pronto soccorso e nei reparti ha deluso i medici e reso ulteriormente difficile la gestione dei pazienti violenti nei reparti di psichiatria - precisa Emi Bondi, presidente Sip - A fianco si trovano i problemi di gestione del pronto soccorso, dell'emergenza e delle Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), scambiate per ospedali psichiatrici giudiziari, come se la legge 81, che ne ha decretato la chiusura, non fosse mai esistita. Insomma, il ruolo che si sta tornando a dare alla psichiatria, quello di gestore dell'aggressività, fa sì che sempre più spesso i sanitari siano chiamati a occuparsi di tutta la devianza sociale, senza discriminazione fra chi è veramente un malato psichico che ha bisogno di cure rispetto a chi e solo un violento''.

''Certamente una Legge piena di buone intenzioni ma applicata poco e male, e peggio gestita nonostante l'impegno del personale medico e infermieristico - spiega Guido Di Sciascio, segretario nazionale Sip -. A fare da denominatore comune l'attribuzione allo psichiatra del ruolo di 'carceriere' con compito di controllo 'sociale' del paziente. Tutto ciò che Basaglia, nella sua lucida lungimiranza, aveva fatto in modo di cancellare per sempre con la sua legge''.

''La psichiatria di questi 'anni 20' del nuovo millennio non ha nulla a che fare con quella degli anni Settanta dello scorso secolo - aggiunge Dell'Osso - La società è cambiata, enormemente, le patologie psichiche sono cresciute di numero, poiché vengono diagnosticate con più precisione e più precocemente. Le cure sono state rivoluzionate, eppure le risorse sono rimaste ferme, almeno rispetto ai bisogni di salute mentale di questa nuova società". ''E così - conclude Bondi - si chiudono i servizi territoriali e ospedalieri per la salute mentale, si contraggono i posti letto nei reparti sempre pieni, con il risultato di una fuga sempre più marcata dal servizio pubblico, che non riesce più a trovare il personale, soprattutto medici e infermieri necessario a mantenere i servizi in grado di rispondere alle esigenze dei pazienti''.

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