Sempre di più e sempre più giovani sono i malati di disturbi del comportamento alimentare (DAN) che colpiscono in Italia una persona su 3. In sette casi su dieci si tratta di adolescenti. Lo ricordano gli esperti della Società italiana di nutrizione umana (Sinu), in vista della Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata ai disturbi del comportamento alimentare, che ricorre il 15 marzo.
È fondamentale, sottolineano, trasferire corrette informazioni alla rete di relazioni di questi giovani (famiglie, amici, insegnanti, istruttori di palestra, ecc.) per l’identificazione tempestiva di questi disturbi. Le DAN richiedono un trattamento specifico e la collaborazione tra diverse figure professionali, che si occupino in modo integrato di questi diversi aspetti, psicologico-psichiatrici, nutrizionali e medico-internistici. Ad esempio, una particolare attenzione verso l’aspetto fisico o l’alimentazione possono nascondere una situazione di disagio psicologico e rappresentare un campanello d’allarme.
Trattandosi di una vera e propria patologia, il riconoscimento ed il trattamento precoce sono fondamentali per aiutare i soggetti colpiti. Tuttavia, a differenza di altre situazioni, spesso il soggetto affetto non percepisce il disturbo come malattia e non accetta di intraprendere un percorso di cura, pensando che una “dieta” o anche un’attività fisica esasperata possa portare alla risoluzione del problema. In Italia è ancora troppo scarsa l’attenzione ai segnali di disagio psicologico e tuttora si assiste alla stigmatizzazione nei confronti di chi necessita e richiede un aiuto psicologico-psichiatrico.
Negli ultimi tempi si è anche ampliato lo spettro dei disturbi alimentari, con nuove patologie emergenti come vigoressia, pregoressia, drunkoressia, ortoressia, ecc.
“I disturbi del comportamento alimentare sono una patologia complessa”, afferma Livia Pisciotta, membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Nutrizione Umana. “Sono classificati come una malattia psichiatrica per cui devono essere diagnosticati prioritariamente dallo psichiatra e trattati da equipe multidisciplinari, in quanto comportano come conseguenze patologie importanti, che possono compromettere seriamente la salute di tutti gli organi e apparati del corpo e, nei casi gravi, portare alla morte. Una volta identificato il problema è indispensabile, quindi, un approccio multidisciplinare ed integrato e garantire la continuità delle cure, che possono durare anni o anche tutta la vita”.
Per promuovere la salute intesa come pieno benessere psico-fisico anche nella fascia di popolazione più giovane, il Gruppo di Lavoro SINU – Education, coordinato da Matilde Borriello, ha dedicato diversi progetti mirati alla formazione degli insegnanti ed alla diffusione nelle scuole di ogni ordine e grado dei documenti di riferimento come i LARN, formulati dalla Società Scientifica, organizzando attività di divulgazione, formazione e aggiornamento.
Nonostante l’aumento di queste patologie, persiste una difficoltà di accesso alle cure in molte regioni italiane, con gravi conseguenze sulla prognosi, che risulta essere influenzata soprattutto dalla precocità dell’intervento e dall’adeguatezza del percorso assistenziale.
Le 126 strutture censite nella mappatura territoriale dei Centri dedicati alla cura dei DAN sono insufficienti rispetto al numero crescente di pazienti che necessitano di cure appropriate. Sono necessari nuovi centri, strutture residenziali e ambulatori specializzati su tutto il territorio, per garantire ai pazienti che soffrono di DAN, cure ed ambienti adeguati, anche in vista della sempre più giovane età dei soggetti colpiti.
“Dobbiamo continuare a costruire una rete di prevenzione e protezione, che coinvolga le diverse figure professionali sanitarie, le associazioni dei pazienti e delle famiglie, come la Fondazione Fiocchetto Lilla, già attiva da anni, e tutte quelle che operano a livello nazionale e territoriale, le scuole, le società sportive, i gruppi di aggregazione dei giovani. Un percorso comune e condiviso, che va dall’informazione alla diagnosi precoce e alla cura, in base alla gravità del quadro clinico, in settings sempre più complessi, dall’ambulatorio al ricovero ospedaliero, fino alla terapia intensiva”, conclude Livia Pisciotta.