Governo e Parlamento
Intervista
06/10/2023

Trasformare studi Mmg in case della salute Spoke. L'intervista ad Alberto Oliveti (Enpam)

Le dinamiche previdenziali sono negative, c'è una pletora di medici pensionati, l'inflazione erode il patrimonio dell'Enpam e la futura pensione. Investire? Le risposte di Alberto Oliveti

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Le dinamiche previdenziali sono negative, c'è una pletora di medici pensionati, l'inflazione erode il patrimonio dell'Enpam e la futura pensione. Investire? Il 2022 è stato un anno negativo per azioni e obbligazioni. Per far sopravvivere non solo il patrimonio degli iscritti, ma anche la presenza dei medici stessi nel servizio sanitario, la Fondazione punta sulle case della salute, come ha spiegato il Presidente Alberto Oliveti al congresso Fimmg di Villasimius. Finanzierà la riqualificazione di strutture esistenti e ne agevolerà l'affitto o l'acquisto, una chance dedicata soprattutto ai giovani medici. Occhio, non si tratta di case di comunità - i 1400 poliambulatori "hub" previsti dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza- bensì di nuove sedi attrezzate dalla stessa medicina generale. La casa della salute-spoke, come spiega Oliveti a Doctor 33, più che una casa di comunità sussidiaria sarà uno studio convenzionato che cambia pelle. «Enpam aveva già espresso i propri dubbi sul fatto che con 1.350 Case di Comunità, quelle programmate in un primo momento, fosse anche solo immaginabile risolvere tutti i problemi dell'assistenza territoriale. Ne siamo ancora più convinti ora che il governo, causa aumento dei costi, può realizzarne solo 936», spiega. «Invece ci sono già decine di migliaia di studi di medici di famiglia e di pediatri di libera scelta che assolvono a questa funzione in maniera capillare. Certo hanno bisogno di adeguarsi alle novità tecnologiche e alle nuove sfide. Ciò potrà avvenire facendo in modo che gli studi professionali evolvano in aggregazioni che funzionino da Case della salute "spoke". Naturalmente collegate alle Case di Comunità, che possiamo definire "hub", presso le quali potrebbero essere gli stessi medici ad andare a prestare alcune ore ogni settimana in quota oraria. Può essere un vantaggio per tutti: il medico che si è organizzato in una Casa "spoke" potrebbe inviare un paziente alla Casa "hub" proprio nelle ore in cui lui stesso presta servizio, per fare accertamenti più approfonditi con strumenti diagnostici che in periferia non è possibile garantire, o magari per introdurlo di persona ad uno specialista ambulatoriale presente nella struttura».

Le case della salute-spoke vanno verso il superamento degli studi singoli "disseminati" sul territorio?
«Ci sono realtà di medicina di gruppo all'avanguardia che, con cambiamenti minori o nulli, potrebbero già oggi rientrare in un modello di Casa spoke. Per il futuro degli studi singoli bisognerà andare ad analizzare le specifiche realtà. Il modello ideale è quello dove nessun medico lavora da solo. Ma si scontra con la complessità del territorio italiano. Ci sono realtà, ad esempio in montagna o nelle isole, dove è inevitabile che il medico si ritrovi a condurre uno studio singolo come l'abbiamo conosciuto finora. Un modello che, tra l'altro, dimostra anche la ricchezza e la flessibilità del sistema convenzionato, capace di adeguarsi in modo efficace alla peculiarità di tutte le realtà territoriali. Ma anche in questi casi lavorare in rete porterebbe di sicuro dei vantaggi: si pensi, solo per fare un'ipotesi, alle possibilità di beneficiare di una segreteria, anche se situata a distanza presso la Casa spoke, che risponde al telefono e agevola comunque il lavoro in termini di rapporti con i pazienti e di incombenze burocratiche da evadere».

Nelle Case di comunità hub si riuscirà a inserire la medicina di famiglia senza portarla alla dipendenza e al timbro del cartellino?
«Certamente sì! E la risposta si trova nell'Accordo collettivo nazionale della medicina generale, che prevede la possibilità di una remunerazione per quota sia capitaria sia oraria. Il fatto che si sia andati verso il ruolo unico della medicina generale favorisce senz'altro questo tipo di rapporto flessibile. E questo perché nulla vieterebbe, come già detto, che un medico di famiglia possa essere convenzionato per i suoi pazienti che faranno riferimento a lui presso la Casa spoke, e poi per un certo numero di ore settimanali, lo stesso medico, possa prestare servizio nella Casa di comunità hub. In tal modo, nel suo percorso di cura, il paziente verrebbe "accompagnato per mano" dal proprio medico che potrebbe essere presente o comunque integrato».

Che ruolo può avere la casa spoke nell'evitare che il paziente perda contatto con il medico di fiducia?
«Le Case di comunità sono la risposta alla realtà quale si è evoluta: per i medici, in tanti casi, non è più fattibile lavorare senza personale di studio, senza attrezzature, o ritrovarsi a gestire studi con barriere architettoniche o che non consentirebbero di operare in sicurezza in caso di pandemia. Quindi si tratta di un cambiamento necessario. Viceversa, il cittadino continua a scegliere il proprio medico di fiducia, ed è tramite questa scelta che poi può accedere, in caso di bisogno, ai colleghi del medico che operano nella stessa Casa spoke. La professione è valorizzata consentendo a ciascun medico di famiglia di presentarsi agli assistiti come "il primario della propria casa spoke". Con questo modello si potranno attrarre giovani alla professione. E a proposito di giovani medici, è il caso di sottolineare che, in ogni caso, il rinnovamento della medicina generale va affrontato fin dagli anni dell'Università facendo in modo che gli atenei insegnino non più solo la medicina della diagnosi, tipica delle specializzazioni tradizionali, ma anche la medicina dei problemi, attività tipica dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta. Così come è necessario intervenire sulla formazione post-laurea: non è più tollerabile che ai futuri medici di medicina generale si prospetti un compenso che è metà delle già insufficienti borse di specializzazione. Un messaggio del genere induce i giovani camici bianchi a ritenere erroneamente la medicina generale un percorso di serie B».
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