
Secondo uno studio pubblicato su Circulation, quasi il 3% di tutti i decessi per infarto miocardico avvenuti in un periodo di cinque anni nella provincia di Jiangsu, in Cina, potrebbe essere attribuito all'esposizione a temperature estreme e alla scarsa qualità dell'aria.
«I periodi di temperature estreme stanno diventando più frequenti, più lunghi e più intensi, e i loro effetti negativi sulla salute suscitano crescente preoccupazione. Un altro problema è la presenza di particolato fine nell'aria, che può interagire sinergicamente con le temperature estreme e influire negativamente sulla salute cardiovascolare. Tuttavia, non è noto se e come la co-esposizione a questi elementi possa aumentare il rischio di morte per infarto» spiega in un comunicato stampa
Yuewei Liu, dell'Università Sun Yat-sen di Guangzhou, in Cina, che ha diretto il gruppo di lavoro.
Per approfondire la questione, i ricercatori hanno esaminato i dati relativi a 202.678 decessi per infarto miocardico dal 2015 al 2020, e hanno valutato l'associazione tra esposizione a ondate di caldo e di freddo e al particolato fine (PM2.5) e la morte per infarto. La maggior parte della provincia dello Jiangsu ha un clima subtropicale umido con quattro stagioni distinte, mentre il clima nelle aree più settentrionali diventa continentale umido. Gli esperti hanno definito un'ondata di caldo come temperatura giornaliera uguale o superiore al 95° percentile di temperatura per almeno tre giorni consecutivi, e un'ondata di freddo come temperatura giornaliera inferiore o uguale al 5° percentile di temperatura per almeno tre giorni consecutivi. Ebbene, l'analisi dei dati ha stimato che fino al 2,8% dei decessi per infarto miocardico dal 2015 al 2020 erano attribuibili all'esposizione a temperature estreme e a livelli di PM2,5 superiori alle linee guida sulla qualità dell'aria dell'OMS (37,5 g/m
3). Dopo l'aggiustamento per l'esposizione a temperature estreme, la probabilità di morte per infarto è aumentata in modo monotono con l'aumento dell'esposizione a PM2,5, e si è attenuata dopo un breakpoint stimato di 39,5 g/m
3. «Abbiamo osservato un effetto sinergico tra l'esposizione alle ondate di calore e il PM2,5 e un aumento delle probabilità di morte per infarto del miocardio; tuttavia, non abbiamo osservato alcun effetto interattivo tra l'esposizione al freddo e il PM2,5 e le probabilità di morte per infarto» concludono gli autori.
Circulation 2023. Doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.122.063504
https://doi.org/10.1161/CIRCULATIONAHA.122.063504