
Per il trattamento dell'insonnia, che interessa oltre un terzo della popolazione mondiale e il 20% di quella italiana, la farmacoterapia può avvalersi di una nuova molecola appartenente alla classe dei Dora (Dual orexin receptor antagonists): daridorexant. Se ne è parlato in una delle principali sessioni scientifiche del XXIV Congresso nazionale della Sinpf (Società italiana di neuro-psico-farmacologia), in corso nei due hub di Milano e Venezia Mestre. «Si definisce insonnia» premette
Claudio Mencacci, direttore emerito di Psichiatria all'Ospedale Fatebenefratelli di Milano e co-presidente Sinpf «l'insoddisfazione per la quantità o la qualità del sonno, associata alla difficoltà nell'iniziare e mantenere il sonno da almeno 3 mesi. Questo risulta pertanto perturbato da frequenti risvegli o da problemi di riaddormentamento dopo i risvegli, con un conseguente impatto sulle ore diurne: sonnolenza, iperattività e un generale peggioramento della qualità della vita sono le conseguenze più evidenti». I disturbi del sonno - con sintomi persistenti nell'80% dei casi dopo 1 anno dalla diagnosi e nel 60% dei casi a 5 anni - possono essere ulteriormente aggravati dalla compresenza (o essere sintomo) di disturbi psichiatrici o psicoemotivi, in prevalenza depressione e ansia. «Le cause possono essere riconducibili a diversi fattori: un disallineamento del ritmo sonno-veglia, per via di cambiamenti di fusi orari o turni di lavoro; uno sfasamento del ritmo biologico, tipico per esempio di chi soffre di irregolarità del ritmo sonno-veglia; un ritardo o un anticipo della fase di sonno che inducono rispettivamente un'insonnia iniziale o una sonnolenza serale con un precoce risveglio al mattino; un ritmo sonno-veglia diverso dalle 24 ore con un ritardo di 1-2 ore che si somma di giorno in giorno con inevitabili conseguenze. Non ultimo, i cicli alterati di sonno possono essere dovuti anche a insonnie situazionali, quando per esempio si tende a risolvere l'insonnia reattiva assecondando i propri orari fisiologici di addormentamento e risveglio mattutino, indipendentemente dagli orari convenzionali».
«Per tutti questi contesti» prosegue
Matteo Balestrieri, ordinario di Psichiatria all'Università di Udine e co-presidente della Sinpf «oggi disponiamo di terapie ad hoc che, grazie alla diversa pluralità di azione, consentono di modulare e personalizzare la cura, per esempio confezionando una terapia in funzione della comorbilità per ansia e depressione o della durata dell'insonnia (scegliendo farmaci che non diano dipendenza a lungo termine) e dell'età del paziente (usando per esempio molecole che non compromettono l'abilità diurna nel paziente anziano)». Qui si inserisce daridorexant - antagonista duale dell'orexina, uno dei principali neurotrasmettitori in grado di agire sul sonno - il cui profilo di efficacia e sicurezza è stato valutato, rispetto a quello di altri farmaci per l'insonnia, da una recente metanalisi (De Crescenzo F, et al. Lancet 2022; 400:170-84). La classe dei Dora, come detto, agisce interagendo con un bersaglio diverso da quello dei farmaci tradizionali, quali le benzodiazepine e i "farmaci Z" (zolpidem, zaleplon, zopiclone) che influenzano il sistema gabaergico, fino ai farmaci che agiscono sulla melatonina. In particolare, daridorexant regola i cicli sonno-veglia che sono alterati in chi soffre di disturbi del sonno, permettendo quindi anche maggiori performance nello svolgimento delle funzioni diurne, spesso offuscate dagli effetti dell'insonnia. Di qui gli ulteriori valori aggiunti: un profilo di sicurezza favorevole e la riduzione degli effetti avversi. «I nuovi farmaci che agiscono antagonizzando l'orexina, di cui oggi grazie all'estensione della prescrivibilità può avvantaggiarsi anche lo psichiatra, consentono di ottenere benefici di efficacia a fronte del contenimento dei costi sociali e assistenziali, spesso elevatissimi, dell'insonnia» conclude Balestrieri.