
Un piano per le vaccinazioni contro il Covid e il
Recovery plan per ristrutturare la sanità da presentare a Bruxelles ad aprile: sono gli obiettivi di un ipotetico nuovo governo oltre ai ristori per professionisti ed imprese danneggiati dalla pandemia. Mentre si conclude il "sondaggio" assegnato dal Presidente della Repubblica al presidente della Camera
Roberto Fico, non è ancora scontato che Conte resti premier, né scongiurato che si vada alle urne. Intanto, sul prestito del Recovery Fund crescono i dubbi sia sull'entità delle risorse disponibili sia sulla capacità del paese di usarle.
Una ricerca di Salutequità, organo indipendente per valutare la qualità delle politiche per la salute guidato da
Tonino Aceti, già portavoce del Tribunale del Malato, ricorda che sui sei obiettivi del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, (gli altri 5 sono digitalizzazione, green, trasporti, istruzione e ricerca, inclusione) la salute è ultima per finanziamenti. Né deve illudere che i fondi disponibili siano saliti da 15 a 19,6 miliardi di cui 7,9 per l'assistenza di prossimità e la telemedicina e 11,81 per digitalizzare la sanità, grazie anche a 1,71 miliardi da chiedere al React Fund. Dal 1988 abbiamo puntato 15 miliardi sull'edilizia sanitaria, ora diventati 34: quel valore poco utilizzato, da cui si attinge per voci collaterali - dotare i medici di famiglia di strumenti diagnostici in studio o finanziare la telemedicina - 33 anni dopo sarebbe pari a quasi il doppio della cifra stanziata dal governo Conte nel Pnrr. Non solo, tra il 2012 e il 2018 il Fondo sanitario nazionale ha perso 40 miliardi, più del doppio di quelli che verranno re-iniettati. Per di più la maggioranza è divisa tra accuse reciproche: a Conte di chiedere soldi all'Ue per rattoppare falle e non per investire e a Renzi di voler finanziare i soli settori a più alta resa così da restituire più facilmente i prestiti. Per inciso, dei 210 miliardi del Fund cui attinge l'Italia solo poco più di un terzo sono a fondo perduto mentre il resto sono prestiti a tassi di interesse, pur più bassi di quelli che lo stato pagherebbe finanziandosi con i risparmiatori italiani con Bot e Cct. Vanno però restituiti dal 2026. La maggioranza litiga pure sull'opzione di attingere a un secondo Fondo Ue, il Salvastati-Mes, che presenta condizioni più vincolanti.
In parallelo alle consultazioni tra forze politiche al Quirinale, alla Camera in Commissione Bilancio sono proseguite nei giorni scorsi le audizioni di esperti. La Federazione delle aziende sanitarie ed ospedaliere Fiaso guidata da
Francesco Ripa di Meana ha presentato una "sua" versione di Pnrr mirata al "come" raggiungere gli obiettivi, che delinea tre grandi direttrici: una tecnologica da 15 miliardi per costruire nuovi presidi, rinnovare le apparecchiature, digitalizzare, con investimento complessivo di 15 miliardi in cinque anni; una che punta su finanziamenti locali alla ricerca traslazionale sul farmaco e sui dispositivi medici, anche tramite alleanze pubblico-privato costruite a partire dalle esperienze Asl, ospedaliere, regionali, cui dedicare per 5 anni un miliardo l'anno, tratto da altri finanziamenti Ue, statali e di privati; infine un incremento del Fondo sanitario nazionale da 2 miliardi l'anno per finanziare «progetti aziendali e interaziendali che riguardano l'acquisizione di personale, oltre che di beni e servizi, l'organizzazione di servizi, nuove funzioni professionali, nuovi setting assistenziali e la prevenzione diffusa, estensibili anche al livello regionale o nazionale». Molto insiste Ripa di Meana sulle partnership pubblico-privato sia per la ricerca traslazionale, dove vanno coinvolti industria ed atenei, sia per la gestione tra Aziende sanitarie territoriali e privato accreditato. Ma proprio sul ruolo del privato arriva l'aut aut del mondo del lavoro, sempre via audizione.
Il segretario Fials
Giuseppe Carbone (comparto) lamenta l'assenza nel Piano di previsioni d'impatto occupazionali e mette in guardia sulla necessità di evitare esternalizzazioni. «Non vorremmo che si facciano le nozze coi fichi secchi pretendendo di realizzare il piano con le dotazioni d'organico esistenti. Invochiamo l'immediato coinvolgimento delle parti sociali per chiarire questo aspetto». Chiede poi che siano meglio definiti funzionalità e ruolo delle Case di comunità e dell'Ospedale di comunità, quest'ultimo non deve soffiare al territorio la gestione delle cronicità. Sul piano vaccini, Fials denuncia: «Mancano sufficienti risorse sui territori per pagare il lavoro svolto dagli operatori in prima linea contro il Covid e per somministrare i vaccini poiché di fatto scarseggiano gli stanziamenti previsti dalla legge di Bilancio per tutte le realtà del sistema sanitario regionale nel 2021».
Mauro Miserendino