Dalla prossima settimana, oltre agli over 80 e alle persone fragili e con vulnerabilità, si parte con l'immunizzazione di insegnanti, personale scolastico, forze dell'ordine, detenuti e personale delle carceri. A queste categorie, per le persone con meno di 55 anni, andrà il
vaccino di AstraZeneca la cui prima fornitura è attesa per lunedì. I vaccini Pfizer e Moderna saranno somministrati, invece, agli over 80 e ai più fragili. L'obiettivo è somministrare 2 milioni di dosi a febbraio, 4 milioni a marzo e 8 milioni ad aprile, per un totale di 14 milioni di dosi in un trimestre. È quanto previsto nel nuovo piano vaccinale, rimodulato dopo il vertice tra Governo e Regioni, dal quale è venuta fuori una proposta unitaria sulla distribuzione dei vaccini Pfizer e Moderna in base alla percentuale reale degli over 80 assistiti delle stesse regioni. Nelle fasi successive la distribuzione avverrà in base alla popolazione.
La rimodulazione inizierà dal 15 febbraio, dovendo Pfizer distribuire direttamente nei quasi 300 siti di somministrazione e avendo bisogno di tempo per riorganizzarla. L'obiettivo di 14 milioni di dosi, al momento, può sembrare impossibile considerando che ad oggi abbiamo superato di poco i 2 milioni. Ma le forniture stanno iniziando a ristabilirsi e la crescita prevista nei prossimi mesi dovrebbe consentire il raggiungimento dell'obiettivo. Le Regioni, intanto, si muovono per coinvolgere anche i medici di famiglia nella campagna vaccinale. Secondo un accordo di massima i sanitari dovrebbero ricevere 10 euro per una somministrazione a studio e 28 euro se l'iniezione avviene in casa del paziente. In vista c'è un protocollo quadro nazionale per la partecipazione dei medici di base - decine dei quali sono morti dopo essersi ammalati - anche in questa fase della guerra al virus. «Si procederà a un accordo quadro con i medici di medicina generale per coinvolgerli in questa campagna vaccinale al fine di raggiungere una gran parte della popolazione e in particolare i malati cronici o con specifiche patologie - ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni
Stefano Bonaccini -. Non c'è tempo da perdere, le Regioni sono pronte a offrire la massima collaborazione perché la campagna vaccinale ritorni ai ritmi delle prime settimane e anzi venga velocizzata».
Il ministro per gli Affari regionali
Francesco Boccia sostiene che «la crisi in atto e le soluzioni che stanno avanzando non devono in nessun modo pregiudicare il lavoro svolto finora di collaborazione e unità istituzionale. Siamo stati insieme al centro di una sfida epocale - aggiunge il ministro -. E le scelte che abbiamo fatto hanno permesso di tenere il virus sotto controllo senza chiudere il Paese, l'Italia non si è fermata e potrà ripartire forse anche più competitiva». Per quanto concerne il tasso di incremento di contagi nel nostro Paese, il monitoraggio della fondazione Gimbe rileva nella settimana 27 gennaio - 2 febbraio, rispetto alla precedente, una stabilizzazione del numero dei nuovi casi e un'inversione di tendenza della curva dei contagi in alcune regioni che impongono di tenere alta l'attenzione sulle nuove varianti. Ricoveri con sintomi e terapie intensive rimangono sopra soglia di saturazione, nello specifico, supera in 5 Regioni la soglia del 40% in area medica e in 6 Regioni quella del 30% delle terapie intensive. Con il rallentamento nella consegna dei vaccini sono state somministrate quasi esclusivamente seconde dosi. Persistono rilevanti differenze regionali sia nel completamento del ciclo vaccinale che nelle categorie di soggetti vaccinati.
«Nel bel mezzo della crisi di Governo - osserva
Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe - stiamo attraversando una delle fasi più critiche della pandemia: da un lato l'inevitabile rallentamento della campagna vaccinale, segnata da continue revisioni al ribasso delle forniture, dall'altro i primi segnali di aumento di circolazione del virus, indubbiamente sottostimata. Ma soprattutto incombe la minaccia delle nuove varianti, già sbarcate in Italia, che rischiano di far impennare la curva dei contagi. Nel frattempo, in un'Italia quasi tutta gialla ci si continua ad appellare, in maniera paternalistica, al buon senso dei cittadini che in realtà non fanno solo che adeguarsi a quanto permesso».