Politica e Sanità

apr32022

Liste d'attesa, da Governo e Regioni dati carenti per i pazienti non Covid. Le posizioni di Salutequità e Fondazione The Bridge

Ci sono due pesi e due misure nel trattare il Covid e il non Covid, e difficilmente i cittadini malati di patologie messe in attesa della pandemia riuscirebbero a tollerare, come nel 2020, la lentezza nel recupero delle liste di attesa da parte delle regioni e la necessità di doversi salvare la vita pagando le cure in libera professione intramoenia o nel privato. È quella di Tonino Aceti Presidente del think tank Salutequità la voce più critica risuonata in Agenzia dei servizi sanitari regionali (Agenas) alla presentazione dell'ultimo Rapporto sulla libera professione intramoenia. Aceti sottolinea come in cinque regioni, a 12 anni dall'intesa Stato-Regioni 18 novembre 2010, non sia stato tuttora attivato l'Organismo paritetico regionale che verifica il corretto svolgimento di questa forma di libera professione del medico ospedaliero, rilevando conflitti di interesse e situazioni di concorrenza sleale. Quattro regioni hanno riunito il tavolo una volta sola. Per Aceti, dopo 2 anni di pandemia nei quali sono saltati 1,3 milioni di ricoveri e 144 milioni di prestazioni di specialistica ambulatoriale, il tema del controllo dell'intramoenia è di importanza straordinaria. Se le Regioni devono accelerare nel recupero delle cure mancate a causa del Covid, motivo per cui l'ultima Finanziaria ha stanziato 500 milioni, serve un'azione di controllo. Nel Rapporto Agenas sono emersi casi di singole strutture o di discipline in cui l'attività libero professionale intramuraria sporadicamente superava quella istituzionale (come per visite ginecologiche, cardiologiche ed ecg) da Nord a Sud. «Ancora non sappiamo, dove e quante volte l'intramoenia sia stata sospesa in caso di superamento del rapporto tra attività in libera professione e nel canale istituzionale, o di sforamento dei tempi massimi di attesa previsti dalla Regione (come previsto dal Piano nazionale governo liste attesa 2019-21)». Né ci sono dati a livello nazionale, ha aggiunto Aceti, per sapere se il 5% del fatturato del professionista trattenuto dalla Asl sia sempre utilizzato per abbattere le liste di attesa come previsto dalle norme.

Le dichiarazioni di Aceti in Agenas integrano la riflessione che lo stesso Presidente di Salutequità offre in un editoriale sul sito associativo dove racconta l'altra faccia delle cure negate. Da una parte, sottolinea Aceti, in due anni di pandemia è stato sviluppato un importante sistema di produzione di dati aggiornati sul Covid, con conferenze e report settimanali del Comitato tecnico scientifico, una dashboard giornaliera del Ministero della Salute e della Protezione civile, un report quotidiano dell'ISS (Epicentro), un cruscotto sull'andamento delle vaccinazioni nelle regioni, un portale dedicato in Agenas; invece, sullo stato dell'assistenza garantita ai pazienti non-Covid, si è fermi a una sperimentazione del 2019 malgrado ilNuovo Sistema di Garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza (NSG) dovesse produrre nuovi dati sui Lea dal 2020. «Fermi al 2019 anche i datidelRapporto sulle schede di dimissione ospedaliera, e quello sul Rapporto sul personale del SSN sempre a cura del Ministero della Salute, oltre che ilConto Annualedella Ragioneria dello Stato». Insomma, tra Covid e non, due pesi e due misure che si possono capire dal punto di vista tecnico ma che difficilmente il cittadino continuerà a scusare (anche perché in 11 regioni al tavolo sull'intramoenia non siedono suoi rappresentanti).

Il problema nella raccolta di dati preziosi per la riorganizzazione della sanità in vista dell'attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è riproposto nel primo monitoraggio dell'Osservatorio Indipendente per l'Accesso alle cure del Ssn della Fondazione The Bridge, alla cui presentazione si sottolinea come dalle Regioni i dati arrivino pochi, con difficoltà, tardi e non confrontabili. Lo fa sapere l'Osservatorio stesso che, in cerca di dati sulla base del Piano nazionale di governo delle liste di attesa, ha inviato alle Regioni richieste di accesso civico sui tempi medi di attesa per ogni mese del 2019 e del 2020, per ciascuna prestazione ambulatoriale e di ricovero monitorata per valutare accessibilità delle cure, oltre che trasparenza ed accessibilità alle informazioni, incluse completezza e leggibilità per il cittadino ed interoperabilità per il tecnico. Dal rapporto Hi - Healthcare Insights dell'Osservatorio, che fin qui ha accumulato un patrimonio di oltre 1,2 milioni di dati prima non aggregabili, emerge una disomogeneità nei criteri di raccolta dati, cheper Rosaria Iardino, presidente della Fondazione, «si riflette sulla possibilità per i decisori di pianificare politiche sanitarie coerenti con le effettive necessità del Ssn». Urge un dialogo tra governo e regioni per individuare modalità condivise su rilevamento, accesso ed uso dei dati.
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