Mentre in Italia l'epidemia da Covid-19 riacquista velocità, il 30 giugno scade l'obbligo di indossare la mascherina nei luoghi di lavoro. E nella stessa data è previsto il tavolo fra Ministero del Lavoro, Salute, Sviluppo economico e Inail con le parti sociali con l'obiettivo di arrivare alla sottoscrizione di un testo aggiornato del Protocollo sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, che "consenta di fissare un nuovo quadro di regole del dopo-emergenza". Al tempo stesso il ministero del Lavoro fa sapere di non sottovalutare "l'impennata dei contagi che ha caratterizzato le ultime settimane".
L'orientamento è quello di andare verso una proroga del suo obbligo, con il ricorso alla mascherina Ffp2 negli spazi dove non si può garantire il distanziamento o quando il dipendente lavora a contatto con il pubblico. Nel lavoro privato c'è l'obbligo di mascherina, nel pubblico no. «Non vedo motivi per differenziare i comportamenti nei due ambiti. Chiaro poi che bisogna valutare il tipo di lavoro, dove viene svolto e con chi, facendo grande attenzione ai fragili», dichiara
Franco Locatelli, oncoematologo all'ospedale Bambino Gesù di Roma e presidente del Consiglio superiore di sanità, in un'intervista a 'Repubblica'. Nell'incontro tecnico tra ministero del Lavoro, della Salute e Inail si valuterà un aggiornamento del protocollo di sicurezza anti-Covid nei luoghi di lavoro. Dagli esperti arriva un quadro secondo il quale, come sottolinea il presidente dell'Istituto superiore di Sanità,
Silvio Brusaferro, siamo ancora «in fase pandemica» con l'attuale ondata epidemica che «crescerà ancora». «Tutto il sistema di controllo è pienamente operativo - dice - e si sta monitorando attentamente la sottovariante Omicron 5. Il virus non va sottovalutato».
Anche
Locatelli ammette: «A differenza degli scorsi due anni, siamo in una fase in cui è netto e consolidato l'incremento della circolazione virale, dovuto a due fattori. Abbiamo delle varianti con indici di contagiosità altissimi, a livello del morbillo, come Omicron Ba4 e Ba 5 che oggi rappresentano già abbondantemente più del 50% dei ceppi virali identificati nel Paese. Il secondo fattore nasce dall'abbandono di gran parte delle misure non farmacologiche di contenimento». «Le ombre - dice all'ANSA
Carlo Federico Perno, direttore dell'Unità di microbiologia dell'Ospedale Bambino Gesu' di Roma - sono che il virus continua a circolare e abbiamo infezioni, ma, nonostante i nuovi contagi e il conseguente aumento dei ricoveri, anche in età pediatrica, le luci sono determinate dal fatto che c'è poca malattia. La stragrande maggioranza delle persone infettate - afferma Perno - ha una sintomatologia molto contenuta, definibile come piccola influenza, il vaccino sta facendo il suo lavoro, e, soprattutto, il denominatore più importante, quello dei decessi, ci dice che rimangono stabili o addirittura tendono a decrescere, con una mortalità che sta al di sotto dell'1 per mille, rispetto ai numeri di chi si infetta». Dinanzi alla crescita dei casi l'assessore alla Salute della Regione Lazio,
Alessio D'Amato, chiede una «decisione sulle mascherine al chiuso per salvare il turismo».