Europa e Mondo
29/04/2021

Certificato vaccinale, in Italia stenta. L'Ue si appresta a mettere tutti d'accordo. Ecco come

L'Italia ha un passaporto verde in via di definizione per chi è immunizzato (o immune) dal Covid. Pur nei confini italiani, il Sud Tirolo il suo passaporto lo ha già vigente dal 26 aprile, si chiama "Corona Pass": frutto di un'ordinanza del governatore Arno Kompatscher, è scaricabile e stampabile dal sito provinciale e consente di accedere a locali e sport di squadra a persone vaccinate, guarite dal Covid-19 o testate. Accetta anche il referto del test sierologico Pcr e per questo è più vicino al certificato europeo che arriverà a giugno più che a quello che si vorrebbe sperimentare nel resto del paese, già bloccato dal Garante della Privacy perché non rispetterebbe tutti i requisiti a tutela dei dati dei viaggatori. Intanto, l'Unione europea punta entro metà-fine giugno ad introdurre un certificato valido in tutti e 27 gli stati membri, dunque pure in Italia.

La Commissione di Bruxelles il 17 marzo 2021 ha presentato una proposta all'europarlamento e i deputati hanno deciso di darle seguito con procedura d'urgenza. Il "pass" si rivolgerà non solo a chi si sposta per turismo ma anche a chi lo fa per motivi di lavoro, studio, ricongiungimento con i familiari, ed attesterà l'avvenuta vaccinazione Covid-19, eventuali pregresse infezioni od un risultato negativo recente del test. Sul "pass" si punta per rilanciare il turismo in Ue, che in certe aree di Grecia, Italia e Spagna supera il 30% del prodotto interno lordo e oggi vede a rischio 6 dei 27 milioni di posti di lavoro. Dall'altra parte chi viaggia - spiegano gli eurodeputati - chiede "un turismo sicuro, pulito e più sostenibile" sicché, accanto al certificato, l'Ue punta ad introdurre un sigillo di certificazione igienica attestante il rispetto di norme igieniche minime per prevenzione e controllo del virus. In questi giorni il Parlamento europeo è ai preliminari dei negoziati con il Consiglio, espressione dei governi degli Stati membri.
Gli aspetti del nuovo certificato verde sono stati illustrati nella conferenza streaming "Ritorno alla libera circolazione" ospiti il chairman della commissione sulle libertà individuali Fernando Lopez Aguilar (spagnolo, Socialisti-Democratici) e gli eurodeputati olandesi Jeroen Lenaers (Popolari), Sophia in't Veld (Rinnovamento), e Tineke Strijk (Verdi). Per funzionare, il certificato va concordato senza fughe in avanti di singoli stati membri magari desiderosi di maggiori restrizioni o aperture. Deve riportare in auge il grande obiettivo delle "frontiere aperte" di Schengen, ma soprattutto deve avere alle spalle documenti accessibili in tutti e 27 gli stati. Non solo i certificati devono essere leggibili in tutti gli stati membri, ma ne va riconosciuto il valore in ogni stato membro, come osserva Lopez Aguilar: «Non deve succedere che un cittadino Ue prenota il viaggio per tempo e poi una volta all'aeroporto di destinazione lo si respinge per le norme Covid interne, quello sarebbe il vero fallimento». Un conto infatti, spiega Strijk, «è che un paese adotti particolari misure di sicurezza al proprio interno per la situazione pandemica, altro è la necessità di viaggiare senza restrizioni tra i confini; questa seconda non può essere intaccata da norme diverse tra stato e stato». A corollario di ciò, «tutti i certificati interni che gli stati membri adottano come "pass" al proprio interno per l'accesso a servizi, ristoranti, dovranno essere interoperabili e dunque accessibili al titolare di certificato europeo». Un certificato che, come spiega Lenaers, potrà essere sia digitale sia cartaceo, su richiesta all'autorità preposta al rilascio da parte del cittadino che ne sarà titolare.

Quanto ai test, vanno bene in linea di massima non solo gli esiti dei tamponi molecolari ed antigenici ma anche quelli sierologici. Il problema è un altro, come spiega la deputata in'tVeld: «Questi test devono essere accessibili e disponibili per chiunque li chieda, preferibilmente gratuiti o al più con un tetto di prezzo, al momento in alcuni paesi sono a pagamento per il cittadino e in altri come Francia e Germania no. In realtà, per il lavoro svolto ci sono categorie che devono fare molto spesso il test, più si viaggia più oggi è evidente la penalizzazione nei loro confronti. Nel rimuoverla, il Parlamento europeo è molto unito». Il problema è che ci sono solo sei settimane per trovare contenuti e maggioranze con negoziati che per quanto tosti si annuncino, dovranno avere un "happy end". In qualche caso, «la gente è arrabbiata per gli atteggiamenti (restrittivi ndr) dei governi nazionali. Più faranno da soli in un contesto di riaperture su vaccini, mascherine, lock-down, più rischiano un clima di malcontento».

Mauro Miserendino
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