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Sclerosi multipla, dall'Italia un'importante innovazione basata sulle cellule staminali. I risultati su Nature Medicine
Una sperimentazione sviluppata e condotta dall'IRCCS Ospedale San Raffaele apre la strada allo sviluppo di un'innovativa terapia cellulare per pazienti con forme progressive di sclerosi multipla: i risultati dello studio clinico sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Medicine.
I medici e ricercatori dell'Unità di ricerca di Neuroimmunologia e del Centro Sclerosi Multipla dell'IRCCS Ospedale San Raffaele hanno dimostrato la sicurezza e la tollerabilità del trattamento a base di cellule staminali neurali (del cervello), nell'ambito dello studio
STEMS, coordinato dal professor Gianvito Martino, direttore scientifico dell'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e prorettore alla ricerca e alla terza missione dell'Università Vita-Salute San Raffaele, pioniere della ricerca in questo campo. Questo lavoro è stato possibile grazie al contributo della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM) e di: Fondazione Cariplo (Progetto 2010-1835 a GM), Associazione Amici Centro Sclerosi Multipla (ACeSM), BMW Italia, Fondazione Tettamanti Menotti De Marchi Onlus, Comitato Stefano Verri Onlus, Comitato Maria Letizia Verga Onlus.
L'innovazione di questo studio è rappresentata dall'utilizzo di una nuova terapia cellulare avanzata a base di cellule staminali neurali mai utilizzate prima in pazienti con sclerosi multipla. Tali cellule, a differenza delle staminali ematopoietiche e delle cellule staminali mesenchimali hanno mostrato negli studi preclinici condotti in laboratorio di poter avere un elevato potenziale pro-rigenerativo una volta trapiantate.
"É un traguardo importante quello raggiunto, anche se rappresenta solo la prima tappa del percorso clinico-sperimentale che porta ad una vera e propria terapia. Il mio primo pensiero va, soprattutto, alle persone malate e alle loro famiglie che hanno sostenuto la nostra ricerca in tutti questi anni, certo drammatici dal punto di vista della sanità pubblica, con pazienza, speranza, dedizione e sacrificio. Non saremmo arrivati fin qui senza il loro contributo. La strada intrapresa è però ancora lunga", spiega Gianvito Martino, direttore scientifico del San Raffaele.
"I dati pubblicati non sono ancora sufficienti per considerare questa opportunità, appunto, come una vera e propria terapia. Il passo successivo sarà quello di procedere con un nuovo studio clinico sperimentale che coinvolga un gruppo più ampio di pazienti, con l'obiettivo di dimostrare, da un lato l'efficacia delle cellule staminali neurali nel bloccare la progressione di malattia, dall'altro lato la loro capacità di favorire la rigenerazione delle aree del sistema nervoso danneggiate. Il fine ultimo, che è la grande sfida che abbiamo deciso di affrontare 20 anni fa, è quello di sviluppare una terapia innovativa ed efficace per le persone con forme progressive di SM che hanno, ad oggi, opzioni terapeutiche limitate", conclude il professor Martino.
La terapia sperimentale su cui si basa lo studio STEMS consiste in un'infusione di cellule staminali neurali attraverso una puntura lombare che le immette direttamente nel liquido cerebrospinale, attraverso il quale possono raggiungere il cervello e il midollo spinale che sono le sedi colpite dalla sclerosi multipla e in cui le cellule potrebbero svolgere la propria azione.
Lo studio ha coinvolto 12 persone con SM progressiva ed elevata disabilità che avessero già sperimentato le terapie ad oggi disponibili con scarso o nessun successo. I pazienti sono stati suddivisi in 4 gruppi, di 3 pazienti l'uno, che hanno ricevuto, con un'unica puntura lombare, un numero di cellule crescente, da circa 50 milioni di cellule per il primo gruppo fino ad arrivare a 500 milioni per l'ultimo.
I ricercatori hanno osservato anche una riduzione dell'atrofia cerebrale nei pazienti trattati con il maggior numero di cellule staminali neurali e una variazione del profilo liquorale in senso pro-rigenerativo dopo il trattamento. Tali risultati, che sono di estremo interesse, necessitano però di essere confermati su un gruppo più ampio di pazienti per poter pensare in un futuro ad un possibile impiego di queste cellule nella pratica clinica.