Nel trattamento dei pazienti con mieloma multiplo recidivante refrattario (Rrmm) la recente disponibilità in Italia di belantamab mafodotin - coniugato farmaco-anticorpo anti-Bcma (antigene per la maturazione delle cellule B) - ha permesso di ottenere notevoli risultati in termini di aumento dell'aspettativa di vita. Le positive evidenze emerse dallo studio registrativo Dreamm-2, in particolare, sono ampiamente confermate da molteplici esperienze real life in corso in vari importanti centri ospedalieri nel nostro Paese. A tale proposito, abbiamo intervistato
Angelo Belotti, Uoc Ematologia dell'Asst Spedali Civili di Brescia.
«Abbiamo iniziato a trattare i primi pazienti, utilizzando il farmaco per uso compassionevole, dall'estate del 2020» spiega Belotti. «Si tratta di circa una ventina di pazienti. Alcuni di questi proseguono tuttora belantamab, evidenziando quindi una lunga durata della risposta. Altri, che hanno iniziato a ricevere il farmaco da poco, cioè con la recente introduzione dell'indicazione terapeutica (si parla quindi di circa due cicli di terapia), danno l'impressione di seguire esattamente quanto è risultato nel Dreamm-2, sia per quanto riguarda i tassi di discontinuazione e ripresa del farmaco correlati agli eventi avversi oculari, sia per quanto concerne la durata della risposta». Più precisamente, specifica Belotti, «una quota di pazienti responsivi ai primi due cicli è in grado di ottenere delle lunghe durate di risposta, mentre una quota di pazienti con malattia particolarmente aggressiva vanno in progressione entro le prime due infusioni, rendendo di fatto conto della PFS mediana di 2.8 mesi osservata nello studio Dreamm-2». Nel complesso, ribadisce Belotti, dall'esperienza fin qui maturata all'Ematologia degli Spedali Civili di Brescia in pazienti con Rrmm trattati con belantamab mafodotin, i dati ricavati sono sostanzialmente riproducibili con quelli dello studio registrativo Dreamm-2, «come del resto sembra stia emergendo dalle varie casistiche real-life finora pubblicate al di fuori di Italia» aggiunge. Riguardo la gestione degli eventi avversi oculari, «abbiamo la possibilità di disporre dell'ausilio di un'oculista di riferimento dedicata alla gestione di questi pazienti, da cui abbiamo un ottimo feedback» sottolinea Belotti. «Con l'aumentare del numero dei pazienti da inviare alla specialista l'organizzazione può diventare un po' più complessa, ma per il momento la situazione è gestibile e ci stiamo trovando molto bene. Anche perché è nei primi cicli di trattamento che è fondamentale una stretta collaborazione con l'oculista prima di ogni infusione; una volta gestita risolta la tossicità oculare l'intervento diretto dell'oculista diviene di fatto necessario solo in caso di variazioni cliniche e possono essere dilazionate le visite dello specialista di riferimento». In generale, l'impatto di belantamab mafodotin sulla salute dei pazienti con Rrmm è innegabile, anche se, afferma Belotti «probabilmente l'impiego di questo farmaco darebbe molta più soddisfazione in una linea terapeutica più precoce. Inoltre, la risposta al coniugato farmaco-anticorpo in monoterapia sembra molto variabile. In ogni caso, rappresenta indubbiamente un'opportunità dove in un 30% dei casi si può pensare di riottenere un controllo della malattia duraturo, che finora era impensabile. Il farmaco va ribadito, nel complesso è anche ben tollerato rispetto ad altri trattamenti (la stessa tossicità oculare è ben gestita anche dai pazienti quando vengono ben informati)». Per Belotti, comunque, «è possibile che, inserendo questo anticorpo monoclonale in una linea terapeutica più precoce, si possa ottenere molto di più». Del resto, sperimentazioni in questo senso, anche in combinazioni con altri farmaci, sono già in essere nel programma di sviluppo Dreamm.