mar202023
Malattia venosa cronica associata ad aumentato rischio cardiovascolare. Il punto dallo studio Gutemberg
La Malattia Venosa Cronica (MVC), una patologia che interessa la circolazione venosa ed è caratterizzata da un alterato ritorno del sangue dalla periferia al cuore colpisce solo in Italia 19 milioni di persone. Spesso banalizzata e limitata ad un semplice disturbo estetico delle gambe, in realtà è una condizione ben più complessa, cronica ed ingravescente, che tende a progredire velocemente verso stadi più avanzati, se non trattata correttamente.
Sulla base dei risultati dello studio Gutenberg si ipotizza il ruolo dell'infiammazione sistemica come condizione comune tra Malattia Venosa Cronica e Malattia Cardiovascolare. Lo studio conferma quindi la necessità di un cambio culturale nell'approccio clinico alla MVC, che deve necessariamente passare attraverso una visione olistica del paziente e una presa in carico multidisciplinare, finalizzata a valutare con più attenzione le gambe dei pazienti considerando i segni della MVC come un possibile campanello d'allarme per complicanze cardiovascolari.
Recentemente pubblicato sull'European Heart Journal, lo studio Gutenberg ha indagato, per la prima volta in una popolazione generale, la prevalenza dell'Insufficienza Venosa Cronica - stadio avanzato della MVC - e l'associazione tra questa e le comorbidità cardiovascolari, dimostrando che all'aumentare della gravità è associato un aumentato rischio cardiovascolare, così come un aumento della mortalità da tutte le cause.
I pazienti con MVC, infatti, possono andare incontro a importanti complicanze cardiovascolari, che confermano il legame fisiopatologico tra le due patologie come spiegato nel corso di un evento per la stampa, da
Leonardo De Luca, Segretario generale ANMCO e cardiologo presso la U.O.C. di Cardiologia dell'Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma.
A confermare la correlazione tra la MVC e le patologie cardiovascolari anche un altro importante dato emerso dallo studio, che dimostra per la prima volta che la MVC è in realtà un importante marker predittore di patologie cardiovascolari come infarto e ictus.
Roberto Pola, Segretario Società Italiana di Angiologia e Patologia Vascolare, nel commentare lo studio ha dichiarato: "Un'ipotesi che si sta facendo strada nella comunità scientifica presuppone che sia l'infiammazione cronica il meccanismo biologico sottostante a queste due patologie. Infatti, nella patologia aterosclerotica, che è alla base dell'infarto e dell'ictus, si riscontra un importante contributo infiammatorio e d'altro canto anche nella malattia venosa cronica si osserva un'aumentata produzione di molecole infiammatorie".
Alberto Froio, Professore Associato di Chirurgia Vascolare, Università degli Studi di Milano-Bicocca Fondazione IRCSS - San Gerardo dei Tintori, Monza dichiara infatti: "Nelle sue forme più severe la MVC può provocare gravi complicanze come edema, pigmentazione della pelle, eczema fino alla comparsa di ulcere e trombosi venosa".
Romeo Martini, Presidente Società Italiana di Angiologia e Patologia Vascolare spiega: "Ancora oggi, il paziente con MVC viene avviato ad un percorso diagnostico-terapeutico (PDTA) limitato alla sola patologia degli arti inferiori. Sarebbe tempo che si definissero PDTA prendendo in considerazione i suggerimenti dello studio Gutenberg, vale a dire, prevedere ulteriori e semplici screening vascolari per i pazienti con MVC negli stadi più avanzati. Un'anamnesi sulla familiarità per malattie cardiovascolari, la palpazione dei polsi arteriosi, la misura dell'indice pressorio caviglia/braccio e il dosaggio del colesterolo LDL possono essere facilmente eseguiti sul paziente con MVC evidenziando coloro a più elevato rischio cardiovascolare".
Si è sempre pensato alla MVC come ad una patologia benigna, fastidiosa, esteticamente impattante, ma da un punto di vista clinico non importante e quindi sempre e soltanto come un disturbo di circolazione, a volte dimenticando proprio che si tratta di una patologia cronica. Per la prima volta queste nuove evidenze rimettono tutto in discussione.
"Questa è quella che si definisce visione olistica del paziente, vale a dire farsi carico di tutte le sue problematiche e considerare la possibilità che esistano interazioni a distanza fra patologie apparentemente non collegate tra loro" conclude
Claudio Borghi, Direttore UO Medicina Interna Cardiovascolare Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche-Università di Bologna
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