mar172023
Congresso Aisf, le novità su epatite C e delta, trapianto di fegato e linee guida su Hcc. Ecco le novità
Si è svolta a Roma la 'due giorni' del 55° Congresso dell'Associazione italiana per lo studio del fegato (Aisf). Molti i temi di punta. Tra questi, lo stato dell'arte riguardo l'eliminazione dall'Italia dell'epatite C. «Il nostro, prima della pandemia Covid, era uno dei pochi paesi al mondo in grado di raggiungere, secondo modelli matematici, l'eliminazione dell'epatite C entro il 2030, anno che è stato indicato dall'Oms come target per raggiungere questo obiettivo» afferma
Alessio Aghemo, segretario Aisf, che precisa: «eliminazione non significa completa scomparsa dell'epatite C bensì diminuzione di nuovi casi e della mortalità legata all'infezione. Per la sua eliminazione occorrono l'identificazione di circa il 90% delle persone affette da HCV in quel paese e il trattamento con antivirali dell'80% di queste. Con il Covid c'è stato un rallentamento legato alla difficoltà di garantire le cure ai pazienti epatopatici nel primo anno. Inoltre, la mancanza di un percorso di screening in Italia ha frenato l'identificazione delle persone affette da epatite C asintomatiche e senza segni di malattia. C'è stata una ripresa con lo screening nazionale che è partito attivamente nel 2022 sulla fascia dei nati dal 1969 al 1989, grazie al quale vi è la possibilità di fare gratuitamente sia il test anti-Hcv e, se positivo, il test Hcv-Rna per l'identificazione della malattia. Non tutte le Regioni hanno avviato lo screening; tra quelle che hanno lavorato di più ci sono l'Emilia-Romagna e la Lombardia che hanno testato ad oggi circa 350.000 persone. Dobbiamo testarne molte di più» sottolinea Aghemo. «L'intenzione è quella di allargare lo screening anche ai pazienti più anziani dove si ritroverà un tasso di positività più elevato perché l'epatite C è circolata molto di più in passato, negli anni '40-'70».
La gestione del paziente con epatite delta è un altro argomento di forte interesse. «L'epatite delta è la forma di epatite virale con progressione più rapida e che più frequentemente, rispetto ad altre epatiti, porta il paziente a sviluppare complicanze come il tumore o la morte» ricorda Aghemo. «È presente solo in pazienti con epatite B, ovvero il virus delta ha bisogno del virus B per poter replicare, e fino a oggi non ha avuto nessun trattamento specifico. Finalmente» aggiunge l'epatologo «è stato sviluppato un farmaco, bulevirtide, approvato dall'Aifa e che dovrebbe essere disponibile a breve sul territorio italiano, in grado di bloccare la replicazione di questo virus. La somministrazione sottocutanea giornaliera, da effettuare per tutta la vita, consente di ottenere una risposta nel 50% dei casi in termini di normalizzazione degli esami o riduzione della viremia circolante». Al Congresso, specifica Aghemo, ci sarà la presentazione del documento Aisf/Simit con le raccomandazioni sull'utilizzo di bulevirtide in Italia.
Molte relazioni affrontano le diverse condizioni cliniche che possono rendere un paziente candidabile a trapianto epatico. Su questo punto, il segretario Aisf specifica che «il trapianto di fegato in Italia segue due principali indicazioni; la prima è costituita da un'urgenza ad andare a trapianto dovuta a qualsiasi condizione patologica (come, per esempio, un'intossicazione da farmaci o da funghi) che porti a una perdita di funzione del fegato, per cui un paziente presenta gravi segni di insufficienza epatica con una sopravvivenza stimata di mesi o settimane. La seconda categoria invece è rappresentata dal paziente che ha una patologia neoplastica (epatocarcinoma, Hcc) in cui c'è un'indicazione a fare inizialmente dei trattamenti locali e in seguito, se non si riesce in questo modo a controllare perfettamente la malattia, ad andare al trapianto poiché c'è un vantaggio in termini di sopravvivenza a lungo termine rispetto alla gestione del singolo nodulo tumorale. In questo caso, come criteri di selezione, ci si basa sulle caratteristiche oncologiche (numero dei noduli, quantità di malattia) e sulle caratteristiche del paziente (età inferiore a 70 anni).
Riguardo alle malattie del fegato asintomatiche, sottolinea Aghemo, si registra un crescente interesse nello sviluppo di punteggi che identifichino pazienti che necessitano di valutazione specialistica. «Un esempio rilevante in tal senso è la steatosi epatica, per la quale sono stati realizzati dei punteggi per riconoscere - sulla base delle transaminasi, della conta piastrinica e dell'età - chi deve essere inviato a uno specialista e chi può essere seguito dal medico di medicina generale». Vi è poi una serie di 'score' che permettono di capire quali pazienti possono rispondere precocemente (e sono quindi candidabili) a una specifica terapia medica, aggiunge Aghemo, come nel caso dell'acido obeticolico, farmaco recentemente introdotto per il trattamento della colangite biliare primitiva.
Riguardo all'Hcc, il segretario Aisf sottolinea che la grande novità presentata al Congresso è costituita dalle linee guida intersocietarie uscite nei giorni scorsi, guidate da Aisf e Aiom e da altre dieci società scientifiche, che fanno il punto sull'attuale diagnosi e gestione dell'Hcc. «Occorre considerare che questa patologia oncologica causa la morte di circa 7.000 persone all'anno in Italia» ricorda Aghemo. «La novità in questo campo è l'introduzione dell'immunoterapia, con farmaci in grado di tenere sotto controllo la malattia oncologica del fegato. In particolare, c'è l'approvazione da qualche mese dell'utilizzo dell'atezolimumab più bevacizumab nei pazienti con Hcc. Oltre all'opzione sistemica, restano valide le opzioni di trattamento locale del nodulo tumorale, la chirurgia ed eventualmente il trapianto. Molto importante» aggiunge infine «è il gruppo multidisciplinare, in quanto l'approccio a questi pazienti deve includere tutti gli specialisti, dal chirurgo all'epatologo, dall'oncologo al radioterapista, per garantire al paziente una gestione ottimale della sua malattia» conclude Aghemo.
Arturo Zenorini