Molti anni fa, una famosa cantante italiana, Betty Curtis, lanciò una canzone che diceva:
Soldi, Soldi, Soldi, tanti soldi
Beati siano soldi
I beneamati soldi perché
Chi ha tanti soldi vive come un pascià
e a piedi caldi se ne sta.
Qualsiasi cosa si introduce per bocca, e non è un farmaco, quindi un alimento, rende l’azienda che la produce uno strumento per fare soldi. Così da decenni abbiamo l’alimentazione industriale, dove le aziende si fanno guerra a colpi di false promesse e pubblicità ingannevole che cerca sempre di nascondere cosa ci sia realmente nel barattolo, sviando il consumatore. Purtroppo, devi saperne abbastanza, prima di capire quello che c’è scritto sull’etichetta e cosa significhi. Pochi apprezzano la differenza metabolica che c’è tra olio di girasole (ricco di ac. linoleico n6) ed olio di oliva extravergine (ricco di oleico n9). A sentire la pubblicità l’olio di girasole è più leggero, più digeribile, non fa male, ecc., ecc.,. L’olio di oliva è un must e non può essere trattato mai male. Quindi fa bene per definizione.
Gli ac. grassi n9 (olio di oliva), e n6 (olio di girasole) non sono interconvertibili tra di loro, quindi prendono vie metaboliche diverse. Gli n6 in particolare, sono precursori degli eicosanoidi, mediatori lipidici della trasduzione del segnale (ac. arachidonico, EPA -> leucotrieni, ecc., tutti derivati pro-infiammatori). Gli n9 sono neutri da questo punto di vista e seguono altre strade. Il risultato è che gli oli di semi sono ricchi di n6 con tutte le conseguenze del caso, ma nessuno avverte che un uso continuato contribuisce alla infiammazione sub-clinica che porta alla sindrome metabolica prima e a tanti problemi dopo. Nè sono leggeri, ma hanno lo stesso contenuto calorico dell’olio di oliva. È come dire, pesa più un Kg di piume o un Kg di ferro. L’industria gioca così, spesso alterando la verità scientifica.
Ora mi dirai, ma i nutraceutici sono un’altra cosa. No, è la stessa cosa. Anche essi sono attanagliati da una pubblicità ingannevole. Qui si vantano pregi metabolici, non organolettici. La maggioranza delle pubblicazioni scientifiche su di essi è sponsorizzata direttamente o indirettamente dalle stesse aziende. Nella scienza una rondine non fa primavera. Un singolo lavoro non significa nulla. Il risultato deve essere confermato con risultati simili da molti altri laboratori sparsi per il mondo. Molte delle “scoperte” sono fatte in coltura. L’organismo in toto ha ben altre risposte. L’unico modo per avere qualche lume in più è avere una solida cultura metabolica e ricercare le fonti su PubMed, solo su PubMed. Li vedrai quanti hanno lavorato su quella specifica sostanza. Poi c’è un’ultima cosa. Catechine, flavoni, isoflavoni, ecc., ecc., ecc., e chi più ne ha, più ne metta, sono quasi tutti composti non biodisponibili, principalmente se estratti e usati come “pillole”, “gocce” ecc. Questo significa che mangiando l’alimento naturale ne metti dentro un po’ di più (ma sempre poco), ma con i prodotti nutraceutici molto, ma molto, poco o quasi nulla. Però introdurrai molte schifezze varie per renderli più solubili nella speranza di farli entrare in circolo.
Io mi darei alla produzione di un pregiato vigneto di uva nera, il cui prodotto rende molto di più e possiede anche alcuni nutraceutici naturali (es. resveratrolo). Che vuoi di più.
Un saluto