Secondo uno studio … bla, bla, bla …, secondo un altro studio … bla, bla, bla.
Tra le migliaia e migliaia di studi diversi si pensa di trovare, con un po’ di fortuna “osservazionale”, la soluzione farmacologica per arrestare la progressione virale. La partita che si sta giocando è, però, molto, ma molto, più profonda di quello che si possa immaginare. Molte volte ho commentato che la medicina delle evidenze non è adeguata allo studio di SARS-CoV-2, un coronavirus noto da circa 2 anni e di cui non sappiamo granché, come degli altri coronavirus, ma che ci sta insegnando a fare medicina molecolare.
Anche se sono in sviluppo numerosi trattamenti e vaccini, i meccanismi molecolari dettagliati alla base della patogenesi di questa malattia sono ben lontani dall’essere chiariti. Spero che su questo siamo tutti d’accordo.
Nei coronavirus sono stati scoperti dei miRNA (microRNA, PNAS 2021) che fino ad oggi si pensava fossero patrimonio di animali, piante e virus a DNA. Invece, SARS-CoV-2 esprime un piccolo miRNA virale non codificante (CoV2-miR-07), isolato sperimentalmente, che può regolare le trascrizioni dell'ospite umano, probabilmente tramite idrolisi del mRNA umano bersaglio, silenziando il/i gene/i corrispondente/i. Agisce nell’ambito del complesso delle proteine Argonaute bloccando selettivamente l’azione dei fattori di trascrizione che portano le caratteristiche sequenze di leucina dette a cerniera (zip proteins) e devolute all’attivazione degli interferoni e dei conseguenti meccanismi di difesa immunitaria, che vengono così silenziati (bloccati). Analisi della sequenza genomica del virus hanno recentemente rivelato (2022) la potenziale produzione di numerosi miRNA con azione selettiva su molte vie di segnalazione metaboliche umane. Recentemente, è stato dimostrato che sia i miRNA codificati per l'ospite umano, che quelli virali, sono cruciali per il successo dell'infezione da SARS-CoV-2.
Ad esempio, la disregolazione dei miRNA umani che modulano più geni espressi in pazienti COVID-19 con comorbidità (p. es., diabete di tipo 2, adenocarcinoma polmonare o disturbi cerebrovascolari) sembra influenzare pesantemente la gravità della malattia. Pertanto, livelli di espressione alterati dei miRNA circolanti potrebbero essere utili per diagnosticare questa malattia e prevedere se un paziente COVID-19 potrebbe sviluppare uno stato grave della malattia.
Ma l’aspetto più importante è che numerosi miRNA umani sembrano inibire l'espressione di proteine, come ACE2, TMPRSS2, spike e Nsp12, coinvolte nel ciclo di vita di SARS-CoV-2. Di conseguenza, i miRNA rappresentano non solo dei potenziali biomarcatori ma anche degli efficaci mezzi/bersagli terapeutici per questa devastante malattia virale. Quindi, la loro conoscenza funzionale è cruciale per comprendere la covid.
Spero vi rendiate conto come le logiche e la strategia della guerra metabolica tra il coronavirus e il suo ospite umano siano lontanissime dai canoni superficiali della medicina delle evidenze. I miRNA operano a monte, eludendo, citochine, chemochine e quant’altro di metabolico ad oggi noto, né i geni o loro mutazioni sono coinvolti. Se non si adeguano le conoscenze mediche e la formazione (che risale ancora a 50 – 60 anni fa), con quello che è venuto fuori nell’ultimo ventennio, e con quello che i coronavirus oggi cercano di spiegarci, non si va da nessuna parte. I medici, ma soprattutto i più giovani, devono essere messi in condizione di capire ed utilizzare in clinica l’ampio mondo delle biomolecole “omiche”.
Un saluto