Vi porto una breve sintesi di alcuni interessanti articoli di analisi prodotti dall’MIT-USA ad uso interno per i propri ricercatori. Di fatto, stanno crescendo le prove che in alcune persone l’infezione da covid produca autoanticorpi diretti contro gli organi del corpo. È un fenomeno inquietante, nuovo e ancora non ben compreso, ma che sembra mettere coerentemente insieme aspetti e sintomi del covid che sembravano, fino a poco tempo fa, totalmente scollegati.
Nei campioni di sangue raccolti da pazienti covid-19 che erano ricoverati all'ospedale di Yale-New Haven lo scorso marzo e aprile 2021, ci si aspettava già di trovare degli autoanticorpi in almeno alcuni di essi. Questi anticorpi attaccano i tessuti del corpo e sono noti per presentarsi dopo alcune gravi infezioni. I ricercatori della Rockefeller University di New York avevano anche già osservato che alcuni pazienti con gravi casi di covid avevano copie di queste proteine immunitarie potenzialmente pericolose circolanti nel flusso sanguigno. Questi autoanticorpi sembravano preesistenti, probabilmente creati da precedenti infezioni, erano ancora attivi, e attaccavano erroneamente altre proteine immunitarie. Tutto ciò ha aiutato a capire perché alcune persone si stavano ammalando così gravemente a causa del covid-19.
I ricercatori della Rockefeller hanno anche identificato un tipo di anticorpo che attacca le cellule immunitarie. Usando un nuovo metodo di rilevamento è stata rivelata una vasta gamma di autoanticorpi specifici nell’attaccare decine di diverse proteine umane, comprese quelle che si trovano in organi vitali e nel flusso sanguigno. I livelli, la varietà e l'ubiquità degli autoanticorpi trovati in alcuni pazienti sono simili a quelli trovati nelle persone con malattie autoimmuni croniche, con danni d’organo, compreso il cervello. Quindi, abbiamo pazienti covid con livelli di auto-reattività simili a una malattia autoimmune come il lupus.
I test sugli autoanticorpi hanno mostrato che in alcuni pazienti, anche con casi lievi di covid, le proteine immunitarie attaccavano le cellule del sangue. In altri attaccavano specificamente proteine associate al cuore e al fegato. Alcuni pazienti avevano autoanticorpi capaci di attaccare il sistema nervoso centrale e il cervello. Questo sembra suggerire un potenziale problema sistemico perché questi pazienti sembrano produrre molteplici varietà di nuovi autoanticorpi in risposta al covid, tanto che il corpo sembra essere in guerra con sé stesso, e sembra indipendente dalla gravità della malattia.
Ciò che ha impressionato di più è che questi autoanticorpi hanno il potenziale per durare una vita. Ciò ha sollevato una serie di domande: quali sono le conseguenze a lungo termine per questi pazienti se questi potenti autoanticorpi sopravvivono all'infezione? Quanto danno potrebbero causare? E per quanto tempo?
Mentre sta crescendo l’evidenza che i vaccini stanno fermando la diffusione del covid, si profila un'altra crisi di salute pubblica: la persistente condizione cronica che affligge alcuni sopravvissuti, spesso definita "covid lungo". Circa il 10% dei sopravvissuti al covid, molti dei quali avevano solo lievi sintomi iniziali, mostrano questa sintomatologia associata a estrema stanchezza, mancanza di respiro, "nebbia cerebrale", disturbi del sonno, febbre, sintomi gastrointestinali, ansia, depressione e una vasta gamma di altri sintomi. Medici e scienziati pensano che moltissimi giovani adulti altrimenti sani potrebbero affrontare decenni di problemi debilitanti.
Le cause del covid lungo sono ancora misteriose ma l'autoimmunità ora è in cima alla lista delle possibilità. Si pensa che tra i colpevoli più probabili, almeno in alcuni pazienti, siano gli elevati livelli di autoanticorpi, questo significa anche che la più grande minaccia per molti pazienti covid non era il virus, ma la risposta anomala dell’organismo umano ad esso. Fino ad oggi, il fenomeno noto come tempesta di citochine, sembrava rappresentare una sorta di risposta immunitaria anomala e forte. Sebbene tutto questo fosse qualcosa già visto in altre condizioni, è apparso subito evidente che le tempeste di citochine prodotte dal covid-19 avevano un insolito potere distruttivo.
Nel 2015, è stato dimostrato che, molte persone che hanno contratto gravi casi di influenza, portavano mutazioni genetiche che bloccavano la loro capacità di produrre un'importante proteina di segnalazione, l’interferone-1 (IGF-1), che consente ai pazienti di sviluppare un'efficace risposta immunitaria precoce. Molti pazienti con grave covid che soffrono di polmonite critica hanno mostrato anche essi questi errori genetici congeniti che impedivano loro di produrre interferone. Inoltre, un ulteriore 10% dei pazienti covid con polmonite soffriva di carenza di interferone perché veniva attaccato e neutralizzato dagli autoanticorpi.
Questi autoanticorpi erano già nel flusso sanguigno dei pazienti, prima che contraessero il covid. Tuttavia, in risposta all'infezione da covid, questi autoanticorpi persistenti si sono formati in numero massiccio e hanno attaccato l’IGF-1 prima che potesse dare l'allarme (come fattore di trascrizione). Quando finalmente il sistema immunitario si è messo in moto, era così in ritardo, e fuori tempo, che ha fatto ricorso alla sua ultima opzione: la tempesta di citochine. Quindi, gli autoanticorpi esistono già: la loro creazione non è innescata dal virus, ma una volta che una persona viene infettata, sembra che si formino in gran numero, causando una catastrofica infiammazione polmonare e sistemica. Tutto suggerisce che molti pazienti covid critici potrebbero essere salvati con farmaci esistenti e ampiamente già disponibili, come i tipi di interferone sintetico che potrebbero eludere gli autoanticorpi e mettere in moto il sistema immunitario abbastanza presto da evitare la tempesta di citochine.
Tutto questo ha anche implicazioni con la sindrome post-covid, perché gli autoanticorpi possono plausibilmente persistere anche dopo la guarigione, quando il virus sembra scomparso. La domanda che tutti si fanno è: perché compaiono questi nuovi autoanticorpi? Sono emersi alcuni indizi che documentano un fenomeno nel sistema immunitario di molti pazienti gravi con covid che si osserva spesso anche durante le riacutizzazioni del lupus. Si verifica nelle cellule immunitarie note come cellule B, che producono anticorpi. Per aumentare rapidamente la produzione delle cellule B necessarie per combattere il virus covid, il sistema immunitario di alcuni pazienti sembra prendere una pericolosa scorciatoia nel processo biologico che di solito il corpo attua per determinare quali anticorpi siano i più adatti a combattere una specifica infezione.
Normalmente quando un virus invasore innesca una risposta immunitaria, le cellule B si organizzano in strutture autonome nei follicoli dei linfonodi, dove si moltiplicano rapidamente, mutano e formano un esercito immunitario di miliardi di proteine anticorpali. Non appena ciò accade, le cellule si legano con un piccolo numero di frammenti virali per produrre l’anticorpo più adatto ad attaccare il virus. Le cellule non adatte vanno rapidamente incontro a morte cellulare, a milioni. Alla fine, solo le cellule B con l'anticorpo che forma il legame più forte con il virus invasore sopravvivono per essere rilasciate nel flusso sanguigno. Quello che si è evidenziato è che fino al 30% degli anticorpi prodotti nella corsa per combattere il virus invasore prende di mira parti del corpo che il sistema immunitario doveva invece proteggere. Si è visto che il sangue dei pazienti con grave covid crea rapidamente questi anticorpi per combattere il virus, ma la maggior parte di essi sono prodotti da cellule B in rapida moltiplicazione e generate al di fuori del normale processo anti-virus. Questo fenomeno è stato osservato anche nel lupus e molti medici credevano che fosse un segno di disfunzione immunitaria.
La caratterizzazione del sistema immunitario di pazienti, due o tre mesi dopo essere stati infettati, mostra che le persone sopravvissute hanno seguito percorsi immunitari diversi. Due gruppi dei pazienti esaminati hanno avuto recuperi completi: un primo gruppo da covid acuto grave e un secondo dalla forma più lieve della malattia. Ma altri due gruppi, uno dei quali con covid acuto grave e l’altro con sintomi iniziali lievi, hanno invece continuato a presentare una massiccia attivazione immunitaria, anche dopo la guarigione.
Cosa stia causando questa reazione immunitaria continua, o che si tratti di malattie autoimmuni e autoanticorpi, o qualcos'altro, è una domanda da “un milione di dollari". Tuttavia, si ritiene anche che i sintomi cronici potrebbero essere causati da residui non rilevabili del virus nell’organismo, che mantengono il sistema immunitario in uno stato di attivazione di basso livello. Di sicuro, il fatto che il sistema immunitario si stia attivando contro qualcosa è una questione sperimentalmente accertata e probabilmente diversa in persone diverse. Ma c’è anche una terza possibilità, cioè che si possa essere presenti ad un qualche tipo di infezione cronica del virus. È un'idea, piuttosto inquietante, per la quale però ci sono pochissime prove. Comunque, non può essere escluso che tutte e tre le ipotesi potrebbero rivelarsi vere e coesistenti, anche in pazienti diversi.
Un saluto